E’ la Garden Gastronomy, bellezza. La rivoluzione inizia a tavola…

La prima cosa che ha fatto, quando è entrato nelle cucine di Borgo Egnazia, è stato rivoluzionare la mensa dei dipendenti. Le 700 persone che nei mesi di alta stagione lavorano nel resort salentino – un’immensa e raffinata espressione di mediterraneità – all’improvviso si sono ritrovate nei piatti un trionfo di verdure. Dieta mediterranea e vegetale. Decisamente consona al territorio in cui è immerso il borgo. Per questo non stupisce che Domingo Schingaro, chef stellato dei Due Camini, il ristorante gourmet di Borgo Egnazia, sia stato scelto da Veuve Clicquot come testimone italiano del nuovo progetto della Maison, la Garden Gastronomy.

Termine auto-esplicativo, soprattutto nei giorni della Cop26. Chiunque deve fare la propria parte per salvare il pianeta, ci dicono gli esperti di sostenibilità. E la “nostra parte” passa anche da una alimentazione più consapevole. Le informazioni non mancano, Sappiamo tutti quanto costano in termini di CO2 e di sfruttamento idrico gli allevamenti intensivi. Conosciamo i benefici di una dieta più vegetale. Ora è il tempo di fare. E a chi solleva il sopracciglio e allude al green washing quando scende in campo una grande azienda basta ricordare quanta visibilità un grande marchio può dare a un tema così delicato e decisivo.

Ben venga dunque la Garden Gastronomy di Veuve Clicquot, il suo grande orto nei vigneti di Verzy, la schiera di chef che ha messo in campo in tutto il mondo per sensibilizzare appassionati di champagne e no alle urgenze ambientali. “La Garden Gastronomy – spiega la Maison – è una gastronomia orientata al green. Una cucina di prestigio e sostenibile, che si esprime grazie ai rivoluzionari piatti “invertiti”: aromi, verdura e frutta fresca diventano i protagonisti, mentre carne, pesce e uova vengono cucinati e serviti come contorno. Significa affermare un nuovo paradigma, che metta al centro il vegetale, nella scelta dei cuochi quanto in quelle dei clienti. Una cucina per cui la presenza vegetariana non sconti più il pregiudizio di essere gastronomicamente meno interessante, meno ricca e meno saporita.

Il Manoir de Verzy appartiene alla Maison Veuve Clicquot da più di cento anni. E proprio nel cuore dello storico vigneto nasce il progetto Garden Gastronomy. L’orto del Manoir di Verzy trae ispirazione dai primi disegni di alcuni orti risalenti al 1920 dove crescono frutti e vegetali che hanno instaurato una simbiosi benefica con la vigna circostante e che vengono coltivati secondo i principi della permacoltura. Un paesaggio in cui convivono specie diverse, fauna e flora,  2500 mq dove crescono oltre 300 varietà tassonomiche, che arriveranno idealmente a 900.

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Anche Schingaro può contare su una rigogliosa produzione locale. Pugliese d’origine, lo chef è tornato nella sua regione dopo lunghe esperienze all’estero. A Borgo Egnazia propone una cucina aderente  al luogo, accattivante e impregnata di cultura mediterranea, seppur molto contemporanea. Certo aiuta l’incredibile biodiversità delle campagne pugliesi. Tutte le verdure utilizzate nei ristoranti del resort sono stagionali e coltivate localmente, spesso negli orti del Borgo. “Non abbiamo serre, qui c’è campo perché abbiamo il sole tutto l’anno” spiega Domingo. L’idea della sua sperimentazione sul vegetale nasce dal progetto BiodiverSO Biodiversità delle specie orticole della Puglia dell’Università di Bari. Un volume di 260 pagine che mostra 31 specie orticole, 122 varietà locali da recuperare. “Quando mi hanno regalato questo libro ho scoperto che non conoscevo il 70% di quei prodotti. Sono un cuoco, di Bari, ma vengo da una famiglia di pescatori, ho lavorato all’estero e per dieci anni in Piemonte fra frattaglie, carni e cacciagioni. Mi sono reso conto che non sapevo molto di vegetale”.

Oggi ne sa molto di più ed ha accolto con entusiasmo la sfida della Maison. Ha creato un piatto, che viene abbinato a La Grande Dame 2012, incarnazione dell’amore di Madame Clicquot per il Pinot nero. Riso, opuntia, casolari e capperi. Un risotto fucsia grazie all’opuntia, piccolo fico d’India che cresce sulle pale dei cactus sparsi tra le case, i campi e tutto il borgo. “Ha un’acidità lunga, un sapore poco fruttato, a contatto con il caldo dà delle note orientali senza aggiungere altre spezie” spiega Domingo. Un concentrato d’autunno del Sud.