Una nuova meta per l’universo dell’alta cucina? È all’ombra delle piramidi

Mentre gli occhi di tutti sono puntati a Las Vegas per sapere chi salirà in vetta alla classifica dei migliori 50 ristoranti al mondo e si sprecano i pronostici (il mio, come quello di molti, prevede la Spagna sul podio) non bisogna stancarsi di accendere fari su nuove, inedite aspiranti mete del fine dining internazionale. A questo obiettivo punta, già dall’anno scorso, la capitale d’Egitto che ha lanciato una Cairo Food Week ricca di ambizioni. All’ombra delle piramidi anche poche settimane fa è andata in scena una parata delle più interessanti cucine del pianeta, con un numero eccezionale di grandi chef venuti a cucinare con le star locali.

Una serie di jam session ai fornelli dal clima rilassato in cui si sono intrecciate esperienze gastronomiche diversissime, tenute insieme dal filo rosso della ricerca, della cura e attenzione ai temi della sostenibilità e, vivaddio, del più puro edonismo culinario.

Non un congresso fitto di relazioni e power point, ma incontri conviviali e qualche talk poco scontato e per niente sussiegoso.

Insomma, un format molto agile e leggero, in grado di mettere in luce le caratteristiche di una cultura gastronomica in crescita, curiosa di confrontarsi con i guru dell’alta cucina mondiale. Food street e fine dining a colloquio, in un incontro senza rete e senza soggezioni. Un bel mix grazie alla regia di Sherif Tamin e Hoda el Sherif e la consulenza della più formidabile talent scout gastronomica dei cinque continenti, l’italiana Manuela Fissore.

Non so a cosa potrà condurre a lungo temine l’avventura della CFW ma certamente ha il merito di aver portato sulla scena un’area del tutto dimenticata, almeno fino all’avvento del Mena 50 Best, la classifica dei migliori ristoranti del medio oriente.

Lo scambio, la “religione” delle materie prime, il legame con il territorio e il patrimonio delle tradizioni, in sostanza la cultura del cibo, sono terreno privilegiato di incontro e nuove appartenenze. Soprattutto in un momento storico come quello che stiamo attraversando è un messaggio necessario e attuale, che merita sostegno.

Nella settimana del Cairo il tourbillon di pranzi, cene e incontri ha visto arrivare cuochi da tutto il globo, a iniziare da Virgilio Martinez, che al Central di Lima, ristorante numero 1 al mondo nel 2023 per i 50 Best, ha creato una cucina interprete e testimone dell’ecosistema peruviano. All’interno del maestoso nuovo Grande Museo Egizio Martinez ha preso parte a “Cook the Ecosystem”, un evento che ha offerto ai partecipanti un’esplorazione sensoriale dei vari paesaggi del Perù, catturando l’essenza della cucina indigena andina. A fianco altri piatti locali hanno reso omaggio agli ecosistemi storici dell’Egitto, incoraggiando gli ospiti a tracciare somiglianze e intrecci. 

Tra i tanti cuochi presenti anche un po’ di Italia con Chiara Pavan e Francesco Brutto di Venissa, Jessica Rosval di Casa Maria Luigia, la guest house di Massimo Bottura a Modena, Karime Lopez e Takahiko Kondo della Gucci Osteria, Riccardo Forapani del ristorante Ferrari “Cavallino” e il maestro della pizza Franco Pepe.

E poi Ana Roš, José Avillez, Alvaro Clavijo, Joris Bijdendijk, Maksut Aşkar. Da Dubai Himanshu Saini, Mohamad Orfali e Gregoire Berger, insieme alla pasticcera emiratina Sahar Al Awadh, vincitrice del primo premio MENA come miglior pasticcera. Accolti dai migliori chef egiziani, da Mostafa Seif, numero 5 al Mena 50 Best con il suo Khufu’s, a Omar Fathy, Karim Abdelrahman e Mostafa Gooma.