Invece di ostruire fastidiosamente il bagnasciuga potrebbe tradursi in una insospettabile risorsa. Alzi la mano chi non detesta i cumuli di posidonia proprio dove si infrange l’onda. Ebbene, a breve l’alga potrebbe trasformarsi in un componente del cemento.
Avete letto bene. Esiste un progetto. E perdipiù è italiano. Si chiama Eco-Smart BreakWater e prevede la realizzazione di un composto di calcestruzzo cementizio realizzato proprio riciclando la posidonia orimiceanica spiaggiata e gli scarti lapidei derivanti dalle attività di costruzione e demolizione. Promosso dalla Regione Puglia in collaborazione con l’Università del Salento e una serie di partner locali il progetto è in fase di sperimentazione e prima dell’autunno compariranno nel porto di Otranto i primi tre massi campione.
L’idea è semplice: la posidonia è un componente vegetale nel momento in cui è vivo, ma una volta spiaggiata è una fibra a tutti gli effetti e all’interno del calcestruzzo assume proprio questa funzionalità. Prima di essere usata è tagliata, pulita ed essiccata, e trattata eliminando i sali, che possono danneggiare il calcestruzzo. Un processo di lavorazione abbastanza semplice. La percentuale di posidonia nel composto che è allo studio è pari al 2-3%.
Attualmente sono in corso prove simulate in vasca con modellini in scala dei massi. A metà settembre tre massi pilota del peso di 27,4 tonnellate reali verranno depositati nel porto di Otranto in sostituzione di quelli già esistenti. “Verranno lasciati in mare per un anno – spiega il professor Tomasicchio, dello staff di ricerca – un periodo nel quale verranno monitorati quotidianamente mediante sensori. Uno dei tre massi infatti avrà all’interno dei sensori di temperatura, di resistenza e di durabilità del calcestruzzo; i dati saranno trasmessi wireless al centro di raccolta, e quindi analizzati”. Questo per valutare il comportamento nel tempo della componente di posidonia all’interno del calcestruzzo fibro-rinforzato, importante per definire la formula con le percentuali della composizione. Gli autori dello studio intendono infatti “brevettare sia l’elemento, sia la miscela”.