Cronaca di una sera ad Istanbul. Fine marzo. Nevica fitto e trovare un taxi è una missione impossibile. Sei ormai rassegnata a rinunciare alla cena di compleanno di tua figlia quando lo chef del ristorante ti salva inviandoti un’auto (guidata da un ex pilota di Formula 1 a giudicare da come si districa tra strade innevate e macchine in panne). E finalmente arrivi da Turk, una delle migliori espressioni della cucina turca contemporanea. E Fatih Tutak ti riconcilia con tutto in una sequenza di piatti intelligenti e squisiti.
Ricordi della cucina di famiglia rimaneggiati con cura, utilizzo di tecniche – garum, fermentazioni, sottaceti – che in realtà fanno parte da sempre della gastronomia turca, ingredienti preziosi che ai puristi possono far storcere il naso (ma i tartufi sono locali!).
Nato a Istanbul, Fatih ha costruito la maggior parte della sua carriera lavorando all’estero in ristoranti di fine dining, da Noma a Copenhagen a Ryugin a Tokyo. È tornato in Turchia nel febbraio 2019 e a dicembre ha aperto Turk.
“Avevo bisogno di annusare, toccare e sentire la vera Turchia; di essere di nuovo tra la mia gente, l’unico modo per nutrire la mia mente e il mio cuore era tornare indietro”. Respirare quest’aria di confine e contaminazione tra Europa e Asia, in una città meravigliosa e cosmopolita dove si mescolano culture e ingredienti. Da qui Fatih ha ispirazione intrecciando “i fili che compongono la cultura alimentare turca e immaginando un nuovo paesaggio culinario”. È stato attento e paziente nella ricerca di ingredienti tradizionali ormai caduti nell’oblio anche tra la gente del posto. Ad esempio la carne stagionata a secco di un’anatra autoctona per la quale si è ispirato alla memoria ottomana. Ha anche iniziato a reimmaginare interi piatti, come il kavurma di manzo, usando un fuoco aperto e un forno “per creare una profondità di sapore attraverso tempi di cottura più lunghi, piuttosto che la tradizionale frittura”. Ha aggiunto tocchi giocosi a combinazioni di sapori classici, come agnello, freekeh e yogurt.
Lavorando a stretto contatto con agricoltori, pescatori e commercianti di spezie. “Un piatto deve toccare il cuore – spiega – quindi ho dovuto rispettarlo. Questo significava partire da zero, concentrarsi sugli ingredienti, usando le tecniche che abbiamo ora e facendo riferimento a quelle antiche creando qualcosa di unico”.
Fatih ha sostenuto questi artigiani locali durante la pandemia continuando ad acquistarne i prodotti. Ha usato questo tempo per esplorare nuovi ingredienti e sperimentare. Ha conservato il raccolto dell’anno scorso sotto forma di garum, misos, tarhanas, sottaceti e molti altri ingredienti fermentati. Preparazioni oggi utilizzate nel nuovo menu degustazione. Un percorso generalmente di 10 porzioni, che fanno viaggiare in molte regioni della Turchia. Piatti abbinati a vini rigorosamente autoctoni.
La Michelin si appresta a lanciare la guida turca. Sarebbe davvero strano se uno (o più) macaron non cadesse su Turk.