A meno che non sia la classica “orecchia d’elefante”, magari rivestita da una coltre di pomodorini, da gustare sotto un fresco bersò, di solito quando si pensa alla cucina milanese ci si immagina avvolti dalla foschia autunnale, al caldo di un camino scoppiettante. Diciamo la verità, risotto e ossobuco, e pure i mondeghili, li pensiamo più per le stagioni fredde che nelle ansimanti sere d’estate.
Eppure Milano a tavola ha un suo bel perché anche oltre i 35 gradi all’ombra. Lo dimostrano in particolare due insegne, votate ad onorare la genuina tradizione gastronomica meneghina.
La Bettolina, lungo il Naviglio Grande, a Gaggiano, e l’Osteria del Balabiott in piazza Vesuvio.
La prima ha alle spalle una gloriosa tradizione. Negli anni 70-80 era meta di artisti, giornalisti e politici locali, famosa per il suo leggendario carrello dei bolliti. Un luogo impregnato di autentico spirito milanese, offuscato poi da lunghi anni di abbandono.
Fortunatamente sette anni fa è stata acquisita da un giovane appassionato, che l’ha riportata all’antico splendore. La cascina del 500 è stata restaurata con sapienza e l’ampio giardino è tornato rigoglioso. I nuovi proprietari, Alessandro Totaro e la moglie interior designer Daria Lo Giudice, hanno scommesso per la cucina su un giovanissimo cuoco, Domenico Montanaro, che omaggia i piatti della tradizione e si affida a fornitori di gran qualità per le materie prime. L’orto e la priorità a fornitori super locali aiutano a rendere autentica l’aspirazione alla massima sostenibilità. Ottimi il pollo e le paste fresche, senza dimenticare gli sfizi che inaugurano la cena. E che possono arricchire anche l’aperitivo in giardino.
L’altro locale espressione della miglior cucina meneghina, il Balabiott, è una classica osteria, con tanto di lavagna all’ingresso dove sono elencati i piatti del giorno.
Il cuoco, Antonio Mauro, non è milanese e nemmeno lombardo, ma spiattella dei mondeghili assai vicini alla perfezione, un riso al salto secondo i sacri crismi e le due cotolette, classica o “a orecchia di elefante”.
Da luglio si mangia anche fuori, nel dehors protetto dai grandi alberi che costeggiano la piazza.