Come faccio a far apparire il mio vino sul New York Times o a ottenere un punteggio di 95 punti? Su quali piattaforme di social media devo concentrarmi per il mercato statunitense? Come posso identificare i giusti influencer per promuovere il mio vino negli Stati Uniti?
Queste domande Stevie Kim – Managing Partner di Vinitaly, ideatrice di eventi come OperaWine, Vinitaly International Academy, wine2wine Business – e il suo team se le sono sentite porre continuamente. “Se avessimo un dollaro per ogni volta che qualcuno ci fa queste domande, saremmo già ricchi” scrive nell’introduzione di “Social, PR e media relations del vino”, un agile volumetto con 100 FAQ sul mercato Usa realizzato in collaborazione con Gino Colangelo, esperto di comunicazione.
Le risposte a questo genere di interrogativi sono, comprensibilmente, “dipende” o “è complicato”. Ma Kim e Colangelo comprendono bene l’esigenza di muoversi nel mare di informazioni a disposizione e, soprattutto, l’urgenza di capire chi può essere davvero utile.
Per questo sono state individuate cento “domande giuste”. Gli Stati Uniti, si legge nel vademecum, sono un mercato complesso, competitivo e costoso. D’altra parte, sono anche il più grande mercato vinicolo del mondo e lo scenario nel quale si costruiscono brand vinicoli globali. “Sempre – avvertono Kim e Colangelo – che si abbiano i vini, la visione, le risorse e l’impegno giusti (non necessariamente in quest’ordine)”.
Quali sono gli strumenti di comunicazione più efficaci per il tuo brand? Quali i più adatti ai tuoi vini? Che tipo d’investimento devi affrontare? Quale ROI a breve e lungo termine puoi aspettarti? Ecco alcune delle questioni cardine.
Il mini-manuale si rivolge prima di tutto alle aziende vinicole e agli operatori del wine marketing italiani ed è per questo che è stato pubblicato nella nostra lingua: seguiranno altre edizioni in inglese e altre lingue.
Maneggevole e di facile uso: si può leggere di seguito, dal primo all’ultimo capitolo, oppure dirigendosi direttamente in quelle che, tra le 12 sezioni, interessano di più. Quale che sia l’obiettivo, avvertono gli autori, vanno tenute a mente tre cose.
La prima: in comunicazione, non esiste quasi mai una soluzione unica e universale. Occorre considerare un mix di più strumenti e decidere quali sono i più adatti (tenendo conto di brand e budget.
La seconda: bisogna agire a breve termine e pianificare a lungo termine. Per puntare al raggiungimento, nel lungo periodo, di una “brand equity, una brand awareness e una forza positive”.
La terza: non cadere nella paralisi dell’inazione. Fai esperimenti, impara, adatta la tua strategia e riprova. Tutto può essere risolto, purché si osservi attentamente il proprio operato e si sia disposti ad adeguarsi alle realtà del mercato.
Qualche spunto sui capitoli più interessanti: dall’ovvio quali sono gli errori più comuni da evitare sul mercato Usa? A come posso personalizzare al meglio il modo di dialogare con i diversi Stati all’interno del mercato? Come posso gestire la stampa o le recensioni negative negli Usa? Su quali piattaforme social mi devo concentrare? Come posso tracciare e analizzare il Roi delle campagne di influencer marketing? E infine, che ruolo hanno l’intelligenza artificiale e il machine learning nell’ottimizzazione del marketing digitale per il mercato statunitense?