Bellavista apre un nuovo capitolo: più identità e profondità (proprio come piace a Richard Geoffroy)

Il momento più emozionante è stato la lunga sfilata dei collaboratori. Chi ogni giorno, in vigna e in cantina, con pazienza ed impegno, dà vita a quel vino spumeggiante che orgogliosamente portavano tra le braccia. Hanno girato intorno ai lunghissimi tavoli dove erano riuniti esperti ed amici pronti a festeggiare l’avvio della nuova era di Bellavista.

La storica cantina Franciacortina, frutto dell’intuito e della visione di Vittorio Moretti, l’altra sera ha presentato i primi vini “firmati” Geoffroy. Non è propriamente esatto dire che portano la sua firma, ma di certo la sua figura di mentore ha avuto un grande ascendente su Francesca Moretti, enologa di famiglia alla guida di Bellavista e presidente di Gruppo Terra Moretti Vino (che riunisce Contadi Castaldi, sempre in Franciacorta, Petra a Suvereto, Teruzzi a San Gimignano e Sella e Mosca in Sardegna, per un totale di 1.154 ettari di vigneto). 

L’impronta del celebre chef de cave francese – artefice della fortuna di un colosso come Dom Pérignon – è molto evidente nel nuovo percorso di evoluzione di Bellavista. Che si basa sui tre principi fondamentali cari a Richard Geoffroy: armonia, equilibrio e complessità. A cui si aggiungono energia, palato e profondità. Con l’obiettivo finale della gioiosa condivisione.

È un Geoffroy sorridente e soddisfatto quello che ha brindato con i tre vini al debutto, la trilogia Alma Assemblage. Tre cuvée con base vendemmia 2021 – Alma Assemblage 1, Alma Rosé Assemblage 1, Alma Non Dosato Assemblage 1. Tre vini che esprimono la priorità del frutto, nuovo protagonista assoluto. “In Champagne – spiega Geoffroy – il frutto è solo una parte dell’equazione, qui può dare molto, il potenziale della Franciacorta è ancora intatto”. E infatti quando è arrivato ad Erbusco, dopo la vendemmia 2021, ha iniziato con Francesca Moretti e il consulente Marco Simonit, mago delle potature, a concentrarsi sul lavoro in vigna.

Oggi, racconta Francesca, vigna e cantina lavorano in parallelo, con rimandi continui, per un’enologia di precisione che esalta il frutto e sperimenta senza soluzione di continuità, che sia con le diverse pacciamature o con inedite soluzioni di gestione del verde. Non c’è paura del cambiamento, e si va in profondità. Geoffroy ha suggerito una sempre maggior parcellizzazione dei vigneti – oggi si lavora su 129 parcelle nei 209 ettari dell’azienda – la degustazione dei campioni di maturità con piccoli torchi, un tocco di magia nella creazione delle cuvée.

“L’Assemblage – azzarda Francesca Moretti – è l’atto interpretativo per eccellenza, che vuole essere teso, luminoso, piacevole al palato, espressione della perfezione identitaria dei nostri vini”. Vini sempre più riconoscibili e unici, dunque. 

Richard non potrebbe essere più d’accordo: “la Franciacorta deve spezzare il cordone ombelicale con la Champagne, penso che sia un territorio vocato, un’eccellenza a livello mondiale, con un’identità definita, riconoscibile, con competenze e capacità di innovazione illimitate: non ha quindi bisogno di imitare altri modelli. Dalle cantine di Bellavista usciranno vini di territorio, dal carattere unico e identitario”.

Una necessità, quella di distinguersi, sempre più inderogabile. “L’industria del vino è troppo conservatrice – sentenzia Geoffroy – bisogna avere il coraggio di innovare, spingere le denominazioni ad essere meno costrittive, se no si rischia davvero il game over”.

Oggi abbiamo scritto un nuovo capitolo della storia di Bellavista, afferma la famiglia Moretti, del resto “è nell’essenza della tradizione evolvere”. Un percorso in cui la famiglia è accompagnata con grande capacità da Massimo Tuzzi, ceo della Holding Terra Moretti che sta definendo il passaggio generazionale e completando il processo di managerializzazione e governance. I risultati sono esaustivi: circa 200 milioni di ricavi della Holding e per il vino il passaggio da 60 milioni pre-Covid a 90 milioni, con un Ebitda salito da 13 a quasi 20 milioni.