Roketsu, un angolo di Kyoto a due passi da Marble Arch

Daisuke Hayashi è già al suo posto. Grattugia radice di wasabi su una tavoletta di pelle di squalo. Lo fa con metodo e senza fretta. Del resto qui tutto è compiuto nel segno della perfezione. 

Roketsu, un angolo di Kyoto a due passi da Marble Arch. Con i legni, le ceramiche, le carte e gli stucchi che sono arrivati appositamente dal Giappone. Il bancone da pranzo – 7 metri di legno di hinoki con tre secoli alle spalle, pronto ad accogliere fino a 10 ospiti – un legno venerato per le sue proprietà antimicrobiche e per il delicato profumo di agrumi.

Un pilastro di legno di camelia al centro della sala principale, le finestre a reticolo e le feritoie sopra il bancone in akami lucidato di cedro Kitaya (con una venatura diritta, spiegano gli esperti, è la parte più pregiata di uno dei cedri più preziosi del Giappone e un materiale essenziale nello stile Sukiya). E poi le piastrelle di ceramica nella pavimentazione dell’ingresso: smaltate singolarmente nei colori della ceramica Oribe dall’artista di Kyoto Toshihiko

Se tanta attenzione è stata prestata al design si può ben immaginare quanto precisione sia posta in cucina. Da Roketsu – che sta per coniglio e richiama una antica storia legata a un aristocratico maestro di tè – si gusta la preziosa cucina kaiseki. Un rituale gastronomico che si rifà a quelli della cerimonia formale del tè e prevede un ordine preciso di piatti: sakizuke (antipasto), hassun (una selezione di antipasti stagionali), mukozuke (sashimi), wanmono (zuppa), yakimono (griglia), sunomino (spunti acetici per rinfrescare il palato), shiizakana (piatto principale), gohan (riso), mizumono (dessert). 

Basati sui fondamenti della cultura Washoku (le tradizioni della cucina giapponese) – annoverata nel 2013 tra i Patrimoni culturali immateriali dell’Unesco – i menu di Roketsu sono creati intorno ai cinque sapori, ai cinque sensi, ai cinque colori (Verde: rinfrescante; Bianco: fresco; Rosso e Giallo: aumentano l’appetito; Nero: rafforza la presentazione del piatto) e ai metodi di cottura (grigliare, cuocere a fuoco lento, cuocere a vapore, friggere e tagliare). I piatti sono sviluppati nel rispetto rigoroso dei tre periodi di ogni stagione: Shun – il momento in cui un ingrediente è al suo apice e migliore da degustare, e Hashiri e Nagori – rispettivamente circa due settimane prima e dopo lo Shun.

Daisuke Hayashi, nato e cresciuto nella città portuale di Kobe, è un “delfino” del celebre chef Yoshihiro Murata, tre stelle Michelin al Kikunoi Honten. Dopo molte esperienze in Giappone, Hayashi nel 2009 si è trasferito al St James’s di Londra come executive chef del Sake no Hana, appena inaugurato. Alternando la cucina con l’insegnamento e l’attività di giurato in concorsi internazionali, Daisuke ha intensificato l’impegno nella promozione della cucina giapponese tradizionale. Così è nata l’idea di creare la prima autentica esperienza di Kaiseki giapponese a Londra. Nel 2019 ha acquistato un ristorante a Marylebone e Roketsu ha aperto nel dicembre 2021. L’anno successivo ha ottenuto il prestigioso Minister’s Award for Overseas Promotion of Japanese Food dal Governo di Tokyo.

La cena da Roketsu è un tuffo nella tradizione. Precisione millimetrica, gusti decisi nella loro estrema delicatezza, uso sapiente di ingredienti locali (molto amati anche i piattoni e i cetrioli dolci provenienti dall’Italia).

Sorprendente il fico proposto all’antipasto con senape giapponese, sinuoso e vellutato il maiale iberico con haccho miso e patata rossa, fresco e floreale il granchio con tomato jelly, intrigante come sempre lo shabu-shabu. Nella tempura lo zenzero novello è una effervescente frustata di piccantezza.

Ma il piatto più memorabile, ripreso (anzi a dire il vero immaginato prima della preparazione) in un delicato acquarello dello chef è l’Hassun, dove non sempre tutto è ciò che appare e i sapori si rincorrono in un incessante giostra di piacere.