I turisti che affollano il corso si arrestano davanti al maestoso portale, incerti se oltre la soglia si celi una dimora patrizia. Una volta entrati è subito sindrome di Stendhal. Ancora qualche passo e si è in terrazza: davanti solo il blu del mare e sotto il golfo splendente di Naxos. Nella mente si affollano tutti i luoghi comuni sul Grand Tour, il passato maestoso, la malìa con cui si conquistavano i cuori di scrittori, musicisti, pittori e grandi fotografi.
Alzi la mano chi non cede al fascino di Taormina. Arroccata e seducente, indolente e riservata. Certo, non è più la città ammaliante che nell’Ottocento incantava i viaggiatori a caccia di esotismi. E neanche quella sfacciata ed allegra che negli anni Sessanta conquistava le giovani emancipate del Nord Europa. Oggi è l’emblema di White Lotus, la serie tv che ha fatto impennare gli arrivi dagli States, instagrammabile e ostentata.
Ma resta meta d’obbligo per chi “scende” in Sicilia e non delude, neppure se ci si deve fare largo tra la folla che passeggia in Corso Umberto a tutte le ore e se, sempre sul corso, tante insegne storiche e tradizionali lasciano il passo ai grandi brand internazionali del lusso.
Perché si riesce sempre a trovare un luogo speciale in cui rifugiarsi. A pochi passi dalla Torre dell’Orologio e da piazza IX Aprile, il belvedere più popolare della città, l’hotel Metropole – quello della terrazza con vista mozzafiato – ha ritrovato tutto l’antico smalto e si presenta agli ospiti fresco di un’intensa ristrutturazione. Il palazzo settecentesco che lo ospita è un luogo ricco di storia: in origine dimora del giureconsulto e archeologo Biagio De Spuches, custodiva una collezione privata di monete antiche e reperti del Teatro Greco, alcuni ancora visibili (una leggenda vuole che nelle sue mura si celi un antico anello d’oro, appartenuto al sacerdote del tempio di Giove Serapide, che attende ancora di essere ritrovato). Nel 1876 il palazzo si trasformò in locanda “Bellevue” e, all’inizio del XX secolo, divenne polo di ospitalità esclusiva come Hotel Metropole.
Dopo decenni di oblio, un primo radicale restauro nel 2007 e oggi la nuova veste raffinata, con 25 camere affacciate sul blu del Mediterraneo e l’ingresso nel gruppo BZAR Hotels. Cui si aggiunge, come residenza privata dell’hotel, Villa Conrad, testimonianza della raffinata presenza britannica nella Sicilia dell’Ottocento.
Nella nuova stagione si è deciso di puntare anche sull’offerta gastronomica, affidando la cucina a Gaetano Procopio. Lo chef, di origini siciliane, dopo varie esperienze in locali stellati come La Pergola di Heinz Beck, porta a Taormina la sua visione di cucina tradizionale mediterranea, che sia la proposta più gourmet del ristorante Bellevue o quella più agile di Terrazza, con un menu all day dining e cocktail time al tramonto. Snack e piatti leggeri a The Met Pool Bar, accanto alla piscina a sfioro che si amalgama con l’azzurro tra mare e cielo.
Al ristorante gastronomico la “cucina del ricordo” si snoda in tre menu degustazione: ”Istinto Naturale” che esplora la materia vegetale; “Alla mia Terra, la Sicilia” con piatti della memoria tutti da scoprire, come Vicino le Dimore De I Pastori, e “Mare”, dove il ceviche di Ricciola è contornato dalle alghe Codium: “sono alghe locali degli scogli taorminesi, noi le essicchiamo ma un tempo erano un pasto per le famiglie indigenti, mangiate fresche in insalata con olio sale e aceto”.
Come la maggior parte dei cuochi oggi, Procopio pone grande attenzione alla sostenibilità, impegnandosi a trasformare ciò che un tempo veniva considerato uno scarto in un ingrediente capace di sorprendere. Esemplari da questo punto di vista i suoi salami vegetali – dove i residui di patate, cipolle, peperoni, melanzane vengono lavorati e posti a stagionare 45 giorni in budello di maiale – il prosciutto di zucca, delicatissimo, e il sorprendente “pecorino” di ceci.
“Non è solo la ricerca delle migliori materie prime locali – afferma lo chef – ma soprattutto il rispetto per chi coltiva, pesca e alleva – che significa ascoltare i produttori, utilizzare ciò che la terra offre in quel preciso momento, senza forzature o richieste che vadano contro i ritmi naturali delle stagioni, in un equilibrio tra cucina, natura e felicità, che contribuisce a creare un’economia circolare più autentica e meno omologata”.