Oggi sulla prima pagina dell'Herald Tribune campeggia la bella foto di un anziano signore che cammina in mezzo agli alberi di limone: è un produttore di Amalfi e il titolo del giornale segnala la battaglia dei piccoli produttori di qualità della zona contro gli effetti della globalizzazione, che nel loro caso significa fronteggiare concorrenti sia in Italia che nell'export a colpi di una vera e propria guerra dei prezzi.
(Gianni Cipriano per il New York Times)
E' l'Italia delle mirabolanti produzioni di nicchia, scrive l'inviata dell'Herald che racconta la storia della famiglia Aceto, sei generazioni nella produzione dei famosi limoni di Amalfi. Fa anche parlare il presidente del consorzio per la protezione dei limoni di Amalfi che racconta le difficoltà a difendere anche un prodotto universalmente popolare come il limoncello dalle più ardite imitazioni all'estero.
Non è il solito racconto agiografico dell'Italia da cartolina, anche se a prima vista appare così. E questo mi ha fatto riflettere: anche se lo fosse, in fondo, che ci sarebbe di male? La scorsa settimana sono andata a Modena, dove mancavo da anni, per cenare insieme a mia figlia all'Osteria Francescana. Abbiamo gironzolato tra le strade del centro: gli aperitivi del sabato ai tavolini dei bar, i tanti negozi curati, eleganti e non banali, il sorriso bonario e gentile dei commessi, il mercato coperto, nel cuore della città, dove ancora c'è il banco che vende i migliori tortellini. Un'Italia da cartolina, appunto. Che è fatta di qualità della vita, radici profonde e legami con il territorio, autenticità. Certo l'Italia che abbiamo di fronte oggi è spesso diversa, le cifre impietose della crisi tolgono il respiro, siamo storditi e paralizzati dalla paura, ma proprio questa è l'occasione per recuperare i nostri punti di forza, valorizzare le nostre tipicità, fare al meglio quello che sappiamo fare bene.
Sole, mare e pizza. Si può fare con grande professionalità, soluzioni tecnologiche, innovazione. Perchè dovremmo vergognarcene?