Da un vulcano all’altro, l’Etna secondo Donnafugata

Ammettiamolo. La speranza sarebbe stata quella di essere là. Proprio là. Oltretutto nel momento in cui “a muntagna” dava il meglio di sè con un’eruzione strepitosa. Ma a Covid non piacendo si è ripiegato su una degustazione online (nel mio caso pure senza essere in video, causa connessione monferrina traballante).

Insomma avvio che si preannunciava un po’ mesto. Ma come restare mesti quando dall’altra parte del video – oltre a un folto drappello di colleghi-amici – ci sono quelle forze della natura dei Rallo Brothers? E dunque si è parlato di e si è degustato con grande entusiasmo Etna in alcune delle sue ottime declinazioni. Donnafugata avrebbe potuto essere un’antesignana della riscoperta dei vitigni vulcanici. Giacomo, il padre di Antonio e Josè oggi alla guida delle celebre casa vinicola marsalese, ci aveva fatto un pensiero già alla fine degli anni Ottanta. ma poi il destino ha voluto diversamente e lo ha deviato verso un altro vulcano, a Pantelleria. E tutti gli amanti del passito ringraziano.

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Ma evidentemente un’azienda poliedrica come Donnafugata, presente in tante aree del “continente” vinicolo Sicilia, non poteva permettersi di restare assente dall’Etna. Non dopo che i vini prodotti sulle pendici del vulcano più scalmanato d’Europa sono diventati un nuovo must enologico. Dopo che più di uno ha cominciato a paragonare il Nerello Mascalese, vitigno principe della zona, al blasonato Pinot Noir.

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E dunque, dal 2016 Donnafugata è presente con 21 ettari di vigneti sul versante Nord, tra Randazzo e Castiglione, e una cantina. Vigneti a 700 -750 metri s.l.m. dove si coltivano le uve Carricante, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio.

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Abbiamo degustato quattro vini, tutti dell’annata 2018, un’annata più fredda e piovosa rispetto alla media del territorio. Sul Vulcano 2018 è un Etna Bianco Doc di Carricante con elevato potenziale di invecchiamento. Dea Vulcano 2018 è un Etna Rosso Doc di Nerello Mascalese, con piccole percentuali di Nerello Cappuccio selezionate dalle vigne più giovani, ha spiegato Josè Rallo, “per esaltare la freschezza e la componente fruttata”. Un rosso versatile, pensato per un consumo più giovane, che funziona anche all’aperitivo.

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E poi due Cru, i vini delle Contrade. In anteprima si è degustato l’Etna Rosso Doc Contrada Marchesa 2018, Nerello Mascalese in purezza. Solo 5.336 bottiglie e 208 magnum. Un rosso per occasioni speciali che ha riposato 14 mesi in barrique e altri 18 in bottiglia.

E infine, sempre in anteprima Fragore 2018, Etna Rosso Doc Contrada Montelaguardia, i cui terreni sono stati generati dall’eruzione lavica del 1614 -1624. Complesso e persistente, esprime tutta l’energia del vulcano.

È l’Etna secondo Donnafugata. Una territorialità “addomesticata” – nel senso migliore del termine – allo stile della casa vinicola. Che sa rendere accattivanti tutti i suoi ottimi vini. Così come riesce a catturare l’occhio con le sue splendide etichette. Sono sempre speciali. E queste dell’Etna non sono da meno (le mie preferite Dea Vulcano e Fragore).

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Last but not least Antonio Rallo ha ricordato l’impegno sostenibile dell’azienda anche su questo lembo vulcanico. Vigneti riportati alla storica configurazione ad alberello, sovescio, concimazione organica, no all’uso di diserbanti e concimi chimici. “a muntagna”, si sa, è ombrosa e suscettibile, ragione di più per rispettarla…