Ho preparato un astice in umido con brodo di granatina e pompelmo. Avevo anche indosso la giacca da chef. Lo so, appare poco credibile per chi mi conosce bene ma, a parte che durante il lockdown mi sono pure messa a fare il pane, il disclaimer sarà esaustivo: sono partita da semi-preparati d’autore (e che autore, Chicco Cerea!) e il mio intervento si è limitato a scaldare, incorporare, addensare e impiattare. L’occasione era un abbinamento con i nuovi Grand Vintage Moët & Chandon 2013. Il 75mo vintage dichiarato dalla Maison in 179 anni, perché il primo vide la luce nel 1842.
Una scelta e una responsabilità tutta in capo allo chef de cave Benoît Gouez che sottolinea il carattere “frre-style” del vintage, la “libertà di interpretare l’annata cercando unicità”. Con un’intrigante alea di indeterminatezza. “Creare l’assemblaggio di un Grand Vintage Moët & Chandon è come lavorare con i negativi fotografici: puoi intravederne forme e contorni, puoi essere sicuro del risultato finale, ma non potrai esserne certo finché non avrai sviluppato la foto”.
Il 2013 partiva da un’annata fredda che ha posticipato il ciclo di crescita e imposto una vendemmia tardiva: le uve sono state raccolte ad ottobre, un fatto che non accadeva dal 1991. Gouez ha realizzato un extra-brut energico al palato, di colore giallo dorato chiaro.
In un’annata di Chardonnay maturati splendidamente, lo chef de cave ha coraggiosamente scelto di rafforzare l’apporto dei Pinot Noir (al 38%). Ne è risultato uno champagne dalle note autunnali (gli esperti indicano caldarroste, grano saraceno, frutta secca corposa, miele e torrone) con un sentore finale di pompelmo.
Nel Grand Vintage Rosé 2013 predomina il Pinot Noir (44% del suo assemblaggio di cui il 14% è vino rosso). Fruttato speziato, fiori secchi e cuoio fresco a completare il boquet, le cui note iniziali sono dolci, il Rosé era il vino abbinato all’astice, in perfetta sintonia. Cin Cin.