Il giorno in cui è scoppiata la guerra ero a Mosca. Ero lì – come mi capita nella maggior parte dei viaggi – per visitare ristoranti, individuare (con un po’ di fortuna) nuove tendenze, parlare con amici cuochi. Non che mancassero timori sulla situazione, ma l’eventualità di un attacco appariva ancora remota. I continui warning in arrivo da Washington un eccesso di precauzione.
E invece, quando è suonata la sveglia, sullo schermo del telefonino sono subito apparse inquietanti notifiche. Il primo ricordo che ho di quel giovedì mattina sono gli occhi umidi e il senso di impotente disperazione di Anna davanti a una tazza di caffé. Non la vedevo da tre anni. È una di quelle persone che ami incondizionatamente al primo incontro: intelligente, curiosa, colta, intraprendente. La desolazione che esprimeva enumerando tutti i bellissimi progetti internazionali a cui stava lavorando e che non avrebbero avuto futuro stringeva il cuore.
Due ore dopo entravo al Twins Garden, il ristorante dei nostri ospiti. I gemelli Berezutskiy erano reduci dalla consueta riunione mattutina con i collaboratori che si era aperta con dieci minuti di silenzio. Perché nessuno sapeva cosa dire. Un quarto dei ragazzi e delle ragazze del team è ucraino, gli altri hanno tutti amici se non parenti oltre confine. Anche Ivan e Sergey: la nonna vive lì da sempre.
Solo due giorni prima avevano festeggiato il primato nella classifica russa dei migliori ristoranti, con tanto di super coppa esposta all’entrata del locale, la Michelin approdata in Russia quest’anno li aveva subito premiati con doppia stella. Io avrei voluto raccontare l’orgoglio con cui valorizzano e vogliono far conoscere i prodotti locali – la Russia non è solo vodka, blinis e caviale – la lungimiranza di un menu vegetariano pensato ben prima che diventasse una moda, la ricerca e la tecnica di laboratorio al servizio del gusto e non fini a se stesse, una mirabolante selezione di vini vegetali auto prodotti… “Ma come parlare di tutto questo ora? Prima che bravi chef adesso saremo percepiti come russi, quelli che invadono altri paesi”. Celebrati e richiesti dai principali eventi gastronomici internazionali, all’improvviso i gemelli si ritrovavano potenziali reietti. Anche se per molti russi l’attacco a Kiev oltre che sbagliato è incomprensibile. Perché troppi e troppo forti sono i legami tra i due paesi. Intense connessioni sentimentali, rapporti familiari, un humus culturale condiviso.
Nel tardo pomeriggio di giovedì la polizia bloccava i gruppi di manifestanti proprio davanti al nostro albergo. Non ci sono state violenze ma un contagioso senso di disperazione. E di impotenza.