Un semplice muro dipinto a calce, come ancora se ne vedono nelle campagne circostanti, racchiude lo spazio. È avvolto di rampicanti – bignonie e passiflore un po’ speciali, gelsomini e lonicere profumate – e custodisce un piccolo mondo sperimentale. Dove la circolarità è virtuosa e ottimista: si può (forse) fare.
Siamo a Giarre, nel cuore di Radicepura, il parco naturale voluto dalla famiglia Faro che ogni due anni ospita un Festival dei giardini. E questo è il giardino pensato da Paolo Pejrone, “Vento e Acqua, tentativi di resilienza”.Un minimalista inno alla vita. Non voglio usarla quella parola – sostenibilità – perché l’abuso cui è soggetta la scompone in rivoli di superficialità.
Nel giardino di Pejrone il vento raccolto da una grande pompa eolica muove il flusso delle acque, che decantano di vasca in vasca, vengono filtrate dalle radici degli iris e dei giunchi, si fanno chiare, trasparenti e s’inabissano per tornare ad alimentare il ciclo. Tappeti di menta acquatica, qualche ninfea e grandi cespi di papiri occhieggiano dalle vasche, simili a semplici cisterne o abbeveratoi. Sicuramente questo è l’angolo iconico della Biennale del paesaggio mediterraneo inaugurata ai primi di maggio e che resterà aperta per sei mesi. “Questo progetto è figlio del tempo in cui viviamo: è un tentativo semplice e realistico di resistenza dove si mette in pratica un sistema il più ecosostenibile possibile – spiega il celebre paesaggista –. Il giardino ben progettato è un luogo in cui gli ecosistemi si autoregolano, senza sprechi né compiacimenti inutili; l’architettura, in questo caso, si mette al suo servizio, discreta, per lasciare spazio e prevederne e agevolarne la naturale evoluzione. Il giardino è una forma di convivenza e un esempio di incontri ben riusciti, un laboratorio di conoscenza e sperimentazione”.
Ma in questo festival che ha visto arrivare centinaia di progetti da tutto il mondo sono più di uno i giardini pieni di interesse e di senso. Fino al 3 dicembre nel parco botanico Radicepura sarà possibile visitare 15 giardini e 4 installazioni, realizzati con le piante messe a disposizione da Piante Faro, il vivaio – che raccoglie 800 specie e oltre 5000 varietà – aperto oltre 50 anni fa da Venerando Faro, e oggi condotto insieme ai figli Mario e Michele. “Questa edizione della Biennale è per noi molto importante, perché dopo circa 10 anni di lavoro da quando abbiamo iniziato a concepire il festival, abbiamo raggiunto dimensioni importanti anche a livello internazionale e i ragazzi che sono qui ne sono una bella testimonianza” ha dichiarato Mario Faro, direttore generale del Radicepura Garden Festival. Tema di questa edizione, proposto dal direttore artistico Antonio Perazzi, è Il giardino delle piante. I progetti in mostra esaltano infatti l’elemento botanico, si intende promuovere un diverso stile di giardino in grado di affermare una consapevole appartenenza al mondo naturale. “Partiamo, dunque, dal giardino delle piante, tema di questa edizione, per invitare tutti a riflettere sulle urgenze ambientali, quali i cambiamenti climatici e la crescente siccità che affligge in maniera importante soprattutto l’area mediterranea, e in questo contesto i giardini rappresentano ancora oggi luoghi salvifici per l’uomo, per la tutela della biodiversità e per le nostre città, spazi in cui riuscire a vivere in armonia con l’ambiente in una dinamica di proficua reciprocità”, spiega Faro.
Oltre al giardino dell’architetto Pejrone, questa edizione presenta sette giardini e una installazione, realizzati dagli otto team di architetti e paesaggisti under 36 selezionati tramite un bando internazionale. La call, che si è chiusa a gennaio 2023, ha registrato oltre 900 iscrizioni provenienti da 62 Paesi diversi.
Si va da Alla mensa di Madre Etna degli architetti paesaggisti Linda Grisoli e Gordon Goh che celebra la ricchezza delle piante commestibili, a Di-scendere di Marta Prosello, Andrea D’Ascola e Sofia Ronchini, un invito a guardare il giardino “dal basso”, indagando la ragnatela di segni creata dalle radici. UFO, Una Foresta Occulta del collettivo BoHoꓭ (Maria Laura Calogero, Matteo Pessini, Graziano Testa) porta avanti un’operazione semplice quanto radicale: le piante sono delimitate da due grandi massi che ne cancellano la vista: solo uno sguardo più attento e amorevole ne scopre tutta la bellezza. The Womb Garden di Thomas Brown riflette invece sul nostro bisogno di natura, richiusa dall’austera facciata che è il simbolo della nostra vita moderna, “sterile, aspra e spesso desolata”.
Ciò che sicuramente attrarrà l’attenzione è però l’installazione Shy Pavilion del team Atelier NOT (Adrian Wen, Frank Wu, Freya Jiao). Si basa su una delle piante più comuni al mondo – la Mimosa Pudica, notissima per la sua risposta al tatto: una volta sfiorate, le foglie della pianta si restringono verso l’interno e si riaprono qualche minuto dopo il tocco dei visitatori.
Arte, architettura, cultura, ecologia, economia e sostenibilità ambientale saranno i temi attorno a cui ruoteranno gli interventi, i workshop, le passeggiate, le attività didattiche e gli eventi nei sei mesi della Biennale. Un calendario fittissimo. Ma anche una volta chiuso il festival il parco botanico di Radicepura merita una visita. Immersi nel verde o tra le architetture contorte delle piante grasse è un momento ideale per perdersi (o ritrovarsi) assorbendo tutta l’energia dell’Etna che sorveglia dall’alto.