Al Badrutt’s, dove le memorie del passato convivono con la migliore offerta gastronomica contemporanea

A settembre dello scorso anno, quando è stata svelata l’attesa classifica dei “The World’s 50 Best Hotels”, l’unico ski resort delle Alpi, nonché unico albergo in Svizzera, a comparire nella classifica era il Badrutt’s Palace Hotel di St. Moritz.

Un simbolo della località engadinese, col suo slanciarsi iconico sul grande lago. Era il 1892 quando Caspar Badrutt decise di far rinnovare l’Hotel Beau Rivage dagli architetti svizzeri Chiodera e Tschudi. La trasformazione nel Palace Hotel si completò ufficialmente nel luglio 1896.  Da allora il Palace è stato luogo di ritrovo mondano, buen retiro di grandi personaggi, ritrovo festivo per le famiglie dell’imprenditoria europea. Oltre che, naturalmente, rifugio per gli appassionati di sci e cultori dell’alta montagna. Circa il 65% della clientela – una quota impensabile anche per molti grandi alberghi – è costituito da ospiti che ritornano ogni anno e che amano festeggiare  Natale, compleanni e matrimoni al Badrutt’s. Alcuni, raccontano al concierge, fulcro dell’ospitalità a 360 gradi dell’hotel e custode di molti segreti, “lasciano le loro valigie” per ritrovare tutto come prima al successivo soggiorno. L’hotel nella stagione invernale ha tre dipendenti per ogni ospite e i clienti che arrivano con il treno vengono prelevati dalla stazione con una Rolls-Royce appartenuta alla Regina Elisabetta II. L’elenco degli ospiti che hanno soggiornato al Palace fin dalla sua apertura è un tuffo scintillante nel passato: Coco Chanel, Charlie Chaplin, Alfred Hitchcock, Marlene Dietrich… Insomma soggiornare al Badrutt’s è un’esperienza: negli ampi saloni affacciati sul lago o nel bar dedicato agli amanti del sigaro si respira l’atmosfera senza tempo dei luoghi davvero iconici, talmente ricchi di memoria da incutere rispetto anche ai più scanzonati dissacratori.

Ma non di sola storia si vive e la capacità di intercettare nuovi bisogni e tendenze è ciò che consente al Palace di rientrare nella lista dei 50 migliori alberghi al mondo.

Oltre all’attenzione ormai imprescindibile ai temi della sostenibilità – dal 2006 il Badrutt’s viene riscaldato per l’80% del tempo in inverno con pompe di calore che prelevano e riscaldano l’acqua del lago di St. Moritz, con un risparmio di circa 676mila tonnellate di gasolio – da qualche anno l’albergo ha alzato l’asticella dell’offerta gastronomica.

Oggi offre agli ospiti 13 diverse opzioni di cucina, spaziando dal fine dining ai piatti della tradizione montanara, in locali distribuiti al suo interno, sulle piste da sci e nell’antica casa contadina Chesa Veglia.

Da qualche tempo vengono siglate patnership con grandi cuochi. Dalla stagione 2016/17 allo scorso anno quella con lo chef svizzero 3 stelle Michelin Andreas Caminada che ha portato al Badrutt’s la sua formula fine-dining-sharing con IGNIV. Durante la stagione invernale appena conclusa è stata la volta dello chef danese Erik Vildgaard del ristorante Jordnaer (2 stelle Michelin) che è stato ospite per due mesi, seguito da Zineb Hattab la chef  di Kle a Zurigo che ha portato al Badrutt’s la cucina vegana di alto livello. Nata in Costa Brava da genitori marocchini, prima di dedicarsi ai fornelli Hattab ha studiato ingegneria a Barcellona e la sua cucina vegana altamente tecnica ne certifica influenze.

Ma la collaborazione gastronomica più importante – e duratura – è certamente quella con Nobuyuki Matsuhisa («Nobu»). Il celeberrimo cuoco giapponese è presente al Badrutt’s dal 2014 con il ristorante La Coupole/Matsuhisa, ospitato nell’ex campo da tennis coperto, a suo tempo il primo in Europa, e presenta le specialità della cucina peruviano-giapponese che ha reso lo chef popolare in tutto il mondo.

“Qual è il segreto della mia cucina? – spiega Nobu – Il mio concetto di cibo resta semplice: ottimi ingredienti, cotture brevi, freschezza”. Semplicità, “ma con tanto cuore”, precisa. Nobu confessa di non aver mai inseguito le stelle, “lavoro per i clienti” dice e di fronte alle nuove leve di cuochi che pure segue con attenzione mette in guardia dal rischio che “la fusion diventi confusion”. Il cuoco giapponese viaggia otto mesi l’anno, pur mantenendo Los Angeles come punto fermo. Ad oggi sono attivi 10 ristoranti Matsuhisa negli Stati Uniti, 4 in Europa, ci sono poi 54 ristoranti Nobu e 18 Nobu Hotel. Come vengono scelte le patnership? “L’accordo deve essere win-win – rivela – è importante capirsi e sostenersi e bisogna concordare su un punto che per me è un caposaldo: il mio obiettivo e dunque il mio business è creare piacere al cliente, non bisogna guardare solo al budget”.

Di sicuro la sintonia con l’albergo svizzero è solida, visto che la patnership dura da dieci anni. Nel febbraio scorso è stato organizzato un omaggio al grande chef con una cena, il Nobu Special Omakase menu, in cui si ripercorreva la carriera e l’evoluzione di Nobu-san attraverso i piatti storici, ma anche aneddoti e memorie.

Nobu ha anche partecipato ad una cena in alta quota al Paradiso Mountain Club & Restaurant cucinando con Zineb Hattab e Jason Atherton. Lo chalet montano è entrato a far parte del mondo Badrutt’s nella stagione invernale 2021/2022 ed è una tappa immancabile per gli sciatori, che si fermano sulla grande terrazza a pranzare e brindare sulle note del DJ set.

La prossima novità dell’albergo aprirà le porte nell’inverno 2025. “Inaugureremo l’ampliamento dell’hotel, proprio di fronte all’edificio principale, collegato da un tunnel e con accesso diretto al Chesa Veglia, affascinante casa contadina del XVII secolo dove vengono serviti i classici Bündner Fleisch (manzo essiccato all’aria) e i pizzoccheri in versione engadinese, oltre alla nostra leggendaria pizza al tartufo Dama Bianca – annuncia il direttore – l’edificio porta la firma del designer e architetto italiano Antonio Citterio e ospiterà 25 lussuose camere e suite”.