Bentornati Alfonso e Livia, Patrimonio dell’Unesco

Livia e Alfonso. Patrimonio dell’Unesco. L’organizzazione mondiale che preserva  bellezza, autenticità e passione dovrebbe metterli sotto la propria protezione. Due precursori. Coraggiosi e tenaci al limite dell’autolesionismo (ne sa qualcosa lei, sopraffatta dalle polveri sottili della gigantesca ristrutturazione). Fedeli a un’idea di cura e circolarità che abbraccia terra, cucina e persone. Livia e Alfonso Iaccarino. Con Gualtiero Marchesi artefici della nuova cucina italiana. Intellettuale sulfureo e nordico lui, caldi, accoglienti, custodi della tradizione loro.

Non era facile, cinquant’anni fa immaginare tutto questo in un paesotto affacciato sui due golfi della costiera. Ma loro non hanno avuto mai tentennamenti o sfiducie e sono stati ripagati da un successo che li ha portati poi in giro per il mondo a raccontare la tradizione gastronomica campana. Circondati dall’affetto sincero dei loro ospiti. Che oggi, dopo un anno abbondante di chiusura, possono tornare a oltrepassare il cancello del Don Alfonso 1890 e affidarsi alle cure della coppia più longeva della grande cucina italiana. E a quelle dei due figli, Ernesto e Mario, protagonisti odierni in cucina e in sala.

Sulle scale del palazzotto ottocentesco che da sempre ospita il ristorante e da diversi anni le otto suite, si rincorrono foto di premi e ritratti di Livia e Alfonso: giovani, bellissimi, audaci. Coraggiosi nella scelta di proporre l’autenticità della dieta mediterranea quando altrove già si rincorrevano falene moderniste. Ma soprattutto antesignani di una cucina che trova le proprie radici nel prodotto. Sano, bello e giusto, come direbbe Carlin Petrini.

Il cuore del Don Alfonso non è a Sant’Agata dei due Golfi, ma a Punta Campanella, la tenuta a coltivazione biologica – ante litteram – dove ogni giorno sale Alfonso, tuta blu e berretto rosso, a prelevare ortaggi e frutti maturati al punto giusto. Mentre le galline razzolano tra le arnie e condividono lo spazio con gli altri animali domestici. Un vero Eden, immerso nel verde abbagliante della vegetazione che mette in sordina l’enormità del panorama: un mare immenso e blu da cui emerge e occhieggia Capri. Da trent’anni luogo d’ispirazione per la cucina di Alfonso e filiera corta, tracciabile e certificata per le materie prime che diventano protagoniste dei piatti.

Da poche settimane dunque Don Alfonso 1890 ha riaperto al pubblico, dopo una drastica ristrutturazione che ha ridisegnato il bel giardino, intervenendo sul resto con misure di efficientamento e sostenibilità. Una ristrutturazione radicale dell’azienda nell’ottica “dell’ecologia integrale”, in un progetto fortemente proiettato al futuro. “Zero emissioni”, “Zero waste” e “Gestione delle acque” sono i tre obiettivi portanti, con un monitoraggio costante sulla produzione dei rifiuti, i consumi idrici ed energetici, la qualità dell’aria e le emissioni di CO2.

Obiettivi ottenuti ampliando l’area attrezzata con pannelli fotovoltaici nella volontà di dar vita, in collaborazione con il Comune di Massa Lubrense, ad una vera e propria comunità energetica, in grado di produrre e condividere sul territorio energia da fonti rinnovabili. Lo storico edificio, oggi di una tonalità rosa più tenue, è stato oggetto di un completo isolamento termico, un nuovo impianto recupera le acque piovane, il parco macchine della struttura è stato riconvertito in veicoli elettrici. L’aspirazione a una gestione totalmente sostenibile ha portato a stringere accordi con i fornitori, per ridurre impatto ambientale ed emissioni anche su ambiti minori, ad esempio con la pratica del “vuoto a rendere” sulle bottiglie dei vini, o per l’acqua il ricorso a bottiglie di vetro serigrafate e personalizzate, riutilizzabili.

La ragione di tutto la spiega, con semplicità, Livia: “Avevamo letto l’enciclica del papa, come si poteva non condividere la sua idea di ecologia integrale?”.

L’impegno e la sensibilità verso l’ambiente nulla toglie tuttavia alla centralità della cucina, oggi nelle mani di Ernesto Iaccarino. Che onora e celebra il mantra alfonsiano sulla materia prima – iconico da questo punto di vista il piatto Orto – ma si concede incursioni nel dialogo con le cucine incontrate nei giri per il mondo. Quella “contaminazione” che sarebbe benedetta se non fosse svilita dall’abuso del termine.

Al centro rimane l’ispirazione della dieta mediterranea, declinata in tre menu degustazione – Vegetariano, La Tradizione e La Degustazione – oltre alla carta. Gustosissima  la Ventresca di tonno alla puttanesca, cotta a bassa temperatura, marinata nella soia e grigliata al forno. E imperdibili, nell’apparente semplicità, gli Spaghetti aglio, olio e peperoncino con sgombro in carpione, pane aromatizzato alle erbe, pinoli e cipolla caramellata su salsa di tonno Alalunga. Impeccabile la sala, guidata dal sorriso sornione di Mario.

La chiusura del cerchio è il nuovo dolce,  il Limone, col suo giallo abbagliante e una sola foglia verde ad accompagnare. Interpretato in tre consistenze diverse, involucro croccante, cuore morbido di cremoso di agrume e un nucleo centrale di polpa. Immediato e denso di contenuto, come da cinquant’anni Alfonso e Livia ci hanno abituati.