Dove viveva Radetzky oggi si gusta una cucina giapponese zen e raffinata

“Qua sopra viveva il generale Radetzky, e proprio dove ora noi abbiamo l’ingresso entrava la sua carrozza coi cavalli”. Quanta distanza tra l’austero asburgico e il soave tessitore di sapori giapponese. Anche se qualcosa comunque accomuna il generale e lo chef: rigore, dedizione e anelito alla perfezione. Il portone da cui entrava Radetzky  oggi introduce a uno dei locali di cucina nipponica più interessanti di Milano, Nobuya.

Siamo in un angolo di Vecchia Milano, in via San Nicolao, a due passi da Cadorna. Il ristorante è aperto da poco. Il cuoco Niimori Nobuya, dopo varie esperienze tra Giappone e Italia ha aperto la sua prima insegna, in collaborazione con l’imprenditore Andrea Lin, da sempre nel settore della ristorazione.

Tonalità tenui, arredi essenziali e raffinati, simbolismi nipponici. In linea con una cucina essenziale, che fa dialogare le due culture. Una proposta zen ed elegante, con cura estrema nella scelta degli ingredienti e un menu quotidiano che varia in base alla disponibilità del mercato e la stagionalità. 

“L’Italia e il Giappone in cucina condividono molto, come le cotture lunghe, gli stufati, le fritture o l’importanza del brodo in tante preparazioni” dice lo chef. Nel menù sono presenti tante varietà di pesce, crostacei e molluschi mediterranei (come la Triglia croccante con shiso, salsa di plancton e lime), e piatti  legati al nostro territorio (ad esempio l’Involtino di coscia di pollo piemontese con funghi misti, tartufo nero e teryaki). Ma il rimando tra Italia e Giappone è costante, come dimostra il Chumachi di Moeca, dove il crostaceo tipico della laguna veneta emerge nella selezione di Uramaki. 

Ispirazione puramente nipponica invece per il pranzo: dalla Bento Box creata su misura e proposta nelle versioni di carne, di pesce o vegetariana, agli Uramaki del giorno. Due menu degustazione, uno dei quali interamente vegetale.

Niimori Nobuya ha deciso di non avere un bancone. La cucina va incontro allo sguardo di chi entra al ristorante ma i tavoli sono posti in due sale ai lati dell’ingresso (una mette in evidenza una vetrina per la frollatura dei pesci) .  Lo chef raggiunge gli ospiti per spiegare i piatti: essenziale anche nel racconto, ama  soffermarsi su qualche ingrediente particolare. La sua parola d’ordine sembra essere “armonia”, proprio come nell’arte dello shodo, la calligrafia giapponese a pennello e china di cui è maestro. 

Nobuya è nato a Tokyo nel 1973 dove ha mosso i primi passi in cucina. È in Italia da più di vent’anni e ha lavorato a lungo presso il Nobu Milano.