Ciro Scamardella ha il sorriso da ragazzo. Nonostante abbia 31 anni, moglie e un figlio. Oltre che un curriculum di tutto rispetto. È quasi intimidito quando Alessandro Pipero gli lascia la scena incoraggiandolo a raccontarsi all’amica giornalista. Non c’è da stupirsi.
Qui il re incontrastato è lui. “Sono l’unico cameriere ad avere aperto un ristorante a suo nome” scherza Pipero ben sapendo che lui è molto, molto più di un cameriere. Il perfetto uomo di sala, estroverso e divertente quanto è attento e preciso. Il cuore del locale. Consapevole dell’importanza del proprio ruolo si chiede perché non si investa di più nella formazione del personale di sala. “Ma perché non si fa un Mastermaître?”. Forse, rispondo, perché televisivamente la loro funzione è meno spettacolare…
Tutto era cominciato nel 2011 da Pipero al Rex, il ristorante all’interno di un albergo (non certo trendy) in zona stazione Termini. lì, insieme con il giovane chef Luciano Monosilio, avevano creato un place to be. Con tanto di piatto-firma: la celebrata carbonara di Pipero. Poi il trasferimento in corso Vittorio Emanuele di fronte alla Chiesa Nuova, un locale più ricercato, atmosfera fine dining. A un certo punto le strade si sono divise e al posto di Minosilio, dritto dritto da Metamorfosi dove è stato sous chef per quasi 5 anni, nove mesi fa è arrivato Scamardella. La stella Michelin, invece, è rimasta.
Ciro viene da Bacoli, in provincia di Napoli. Luogo di pescatori, madre maga dei fornelli. Poca voglia di studiare, tanta voglia di fare. Da lavapiatti in un pub sempre più su fino alla Spagna di Berasategui e a Roma un anno dal bistellato Pagliaccio di Anthony Genovese. Ora sta limando la sua proposta gastronomica con grande disponibilità all’azzardo. Che però non è mai fine a se stesso. Particolarmente riuscite la Mozzarella con sorpresa, le Alici, pomodoro ed origano, la Zolla di manzo, mandorle e acetosa, la Genovese di polpo in raviolo. La Carbonara di Pipero è, come sempre, indimenticabile….
(la foto a tre è di LucianoPignataro)