Forse già lunedì prossimo potrebbero riaprire i ristoranti. Ma come? L’Inail ha fissato delle linee guida che dovrebbero essere recepite in un prossimo Dpcm.
Quattro metri quadrati per cliente e due metri di distanza tra i tavoli. I clienti che potranno in pratica togliere le mascherine per mangiare ma lesti a rimettersele se devono andare ai servizi o quando pagano il conto.
In queste settimane mi sono chiesta molte volte se avrei piacere di tornare al ristorante così, circondata da camerieri con guanti e mascherina, consultando il menù via app sul mio telefono, scrutando il vicino per accertarmi che accidentalmente non rispetti le distanze mentre si alza per andare a pagare.
Non lo so. È difficile capire come sarà questa ripartenza ovattata. Di fatto continuiamo a vivere dentro una bolla e ci sentiamo sicuri solo a casa nostra. C’è un disperato bisogno di fiducia, ma in assenza di linee guida davvero efficaci si alternano gli stati d’animo: il rifugio apatico nella massima domesticità con qualche squarcio di ribellione (di solito più che altro teorica).
E questo da parte del cliente.
Ma cuochi e proprietari di ristoranti come faranno? Ce la faranno? Alcuni locali semplicemente non consentiranno di applicare le distanze richieste. E allora che fare? Resteranno chiusi? I dipendenti perderanno il lavoro? Si trasformeranno in dark kitchen? Molti ristoratori – non tutti – hanno abbracciato con entusiasmo l’opzione delivery. Ti portano la cena (stellata o meno) a casa. Ma tutti sanno che questa non può essere la soluzione che consente di andare avanti.
“Imporre distanze eccessive tra clienti, così come procedure di sanificazione complesse e l’utilizzo di divisori in plexiglass vuol dire non voler far riaprire i ristoranti” ha fatto sapere oggi il comparto della ristorazione riunito nel progetto #FareRete che raggruppa più di 100mila associati. Aggiungendo che “altrettanto prive di logica appaiono le troppo drastiche misure restrittive ipotizzate per i sistemi di aerazione e condizionamento; o ancora palesemente ingiuste le ipotesi di attribuire al titolare del locale la responsabilità diretta in relazione al comportamento individuale di terzi all’interno dell’attività”.
Sono tematiche serie che possono preludere alla mancata riapertura di molti. Seppure per tutti la tutela della salute deve necessariamente venire al primo posto.
Mi sento comunque di condividere la richiesta di Gianluca De Cristofaro che parla appunto a nome del progetto #FareRete: “A poche ore dall’emanazione del decreto legge ribadiamo anche la necessità che vengano previste misure di finanziamento a fondo perduto, destinate specificamente alla ristorazione e vincolate all’acquisto di prodotti alimentari italiani. Solo in presenza di tali risorse, l’horeca sarà in grado di riappropriarsi del proprio ruolo, quello di leva economica, imprescindibile, per la filiera agroalimentare, necessario per la ripartenza dell’intero Paese”.