Cosa hanno in comune Prince e Sacco e Vanzetti? Certo l’idolo musicale e i due poveri anarchici italiani ingiustamente giustiziati in America sono lontani anni luce. Ma tutti e tre, prima di un momento cruciale hanno trovato conforto nel cibo.
Il raccordo, piuttosto azzardato, prende vita e sostanza nella mostra appena inaugurata a San Servolo. L’isola veneziana che ha ospitato per secoli il manicomio della città e oggi accoglie i visitatori nel museo della Follia, un’esposizione essenziale e asettica delle “attrezzature” usate con gli sventurati pazienti che emoziona e fa riflettere.
Last meal
La mostra “No seconds Comfort Food e Fotografia” raccoglie alcune immagini di tre lavori del fotografo neozelandese Henry Hargreaves: Deep Fried Gadget mettendo in mostra computer e telefonini bruciati comunica la voracità con cui consumiamo tecnologia in maniera compulsiva; Band Riders illustra tic e piccole manie gastronomiche delle star musicali andando a sbirciare nei vassoi dei camerini prima del concerto e infine No Seconds, la sezione più intensa della mostra, mette a fuoco, in maniera asettica e brutale, l’ultimo pasto dei condannati a morte nelle carceri degli Stati Uniti, quello in cui il detenuto può esigere che venga esaudito ogni suo desiderio culinario.
“L’idea mi è venuta leggendo sui giornali che era stato proposto di eliminare questa pratica – ha spiegato il fotografo – replicare i piatti chiesti dai detenuti in attesa dell’esecuzione mi è sembrato un modo per far riflettere la gente sull’aberrazione della pena di morte. Perché un pasto, qualcosa di così quotidiano e rassicurante, riesce ad umanizzare queste persone, a farceli guardare da un’angolatura diversa, non solo come mostri respingenti”.
Anche le loro scelte ci parlano. Dall’estremo del piatto vuoto di Angel Nieves Diaz, che ha rifiutato l’ultimo pasto, all’oliva solitaria richiesta dal 28enne Victor Feguer, all’eccesso di John Wayne Gacy, ex manager di un Kentucky Fried Chicken, cui prima dell’esecuzione è stato portato un vassoio ricolmo di cosce di pollo, gamberi fritti, patatine e fragole. Anche Ricky Rector aveva chiesto pollo fritto, ma ha lasciato la porzione di pecan pie, dicendo di “riservarsela per dopo”.
Immagini nette, dai colori accesi, in un apparente ossimoro con quel che rappresentano. Hargreaves, da anni trasferito negli Usa ed ex-modello di moda, ha consuetudine con il cibo. Per sbarcare il lunario a New York ha lavorato come cameriere (“ero sempre molto attento alle scelte dei clienti, ti dicono tantissimo di una persona”) e recentemente ha aperto due ristoranti con alcuni amici.
Nel camerino delle pop star
Nella serie Band Riders si è divertito a indagare capricci ed eccentricità delle star. In immagini di ricercata composizione e atmosfere che richiamano i quadri del Seicento fiammingo, si staglia la teoria di bottiglie di superalcolici (whisky, vodka, gin, cognac) pretese da Frank Sinatra prima di salire sul palco, la coppa con le gelatine colorate amate da Marilyn Manson (niente di più ordinario e banale per l’inquietante protagonista della dark music) e l’improbabile siringa – che conterrà solo inoffensiva vitamina B-12 – per Prince.
“La mostra ritrae un viaggio emotivo attraverso tre simboliche tappe – spiega la curatrice Chiara Casarin – dalla divertente, tecnologica e vorace quotidianità alle insicurezze colmate con le eccentriche richieste gastronomiche delle pop star nell’attimo, prima di lasciarsi sul palco, in cui muore l’uomo e nasce l’idolo, per raggiungere la più profonda sensibilità spirituale che è consapevolezza e memoria allo stesso tempo, della serie No Seconds, i pasti che precedono la pena capitale”.
Video contest
Nel solco di una interazione col pubblico che ormai è esigenza ineludibile Casarin e i promotori della mostra, Artmovie, hanno lanciato un contest in rete dal titolo L’Ultimo Desiderio per chiedere a videomaker di caricare brevi filmati sul proprio cibo della memoria e il proprio piatto “ultimo desiderio”. Ieri all’inaugurazione della mostra ne sono stati mostrati alcuni d’autore, tra cui quelli di Pietro Leemann, patron della cucina vegetariana gourmet, e Andy Luotto, traghettato dai varietà televisivi ai fornelli e cultore di ingredienti della memoria.