I cento migliori vini del mondo. Indovinate chi é il primo (no, non un italiano)

 

 

Quando, un paio di settimane fa, l’ho degustato nella cornice più magica che esista – al bar Longhi del Gritti, seduta a un tavolino di fronte al Canal Grande – non pensavo che il calice che avevo tra le mani contenesse il miglior vino del mondo. Eppure a sentire il sommelier più mediatico d’Italia la palma va proprio al Dom Pérignon Rosé 2002. È decretato nella classifica dei 100 migliori vini al mondo stilata da Luca Gardini per Panorama (con la robusta collaborazione di Andrea Grignaffini, Pierluigi Gorgoni, Andrea Battilani).

Possibile che il podio sia occupato solo da vini francesi? A ridosso del mistico rosé creato da Richard Geoffrey, infatti, stanno due Borgogna, Romanée-Conti 2009 e Musigny Leroy Grand Cru 2010. Bisogna scendere ancora di un posto per incontrare i primi italiani, manco a dirlo due baroli (Monprivato Mascarello riserva Cà d’Morissio 2004 e Monfortino Conterno riserva 2004). È poi ancora Bordeaux (gli inevitabili Latour, Yquem, Petrus) e il primo toscano al 13mo posto, il Brunello Poggio di Sotto riserva 2006. Grignaffini, ormai ipermediatico anche lui grazie alla presenza fissa a Fuoco e Fiamme, la trasmissione culinaria de La7 dove assaggia fino allo sfinimento piatti di dilettanti talentuosi, nega complessi di inferiorità. Il Dom Rosé, dice, era indiscutibilmente al di sopra di tutti gli altri. “Esemplare iconico di sublime eleganza – si legge nella scheda – il Rosé 2002 é destinato a entrare nel novero delle più grandi versioni di sempre. L’olfatto sollevato di trasparenze tenui, confonde agrumi grattati e canditi, ribes bianco, petali di rosa. Il palato é puro e luminoso piacere”.

Io non sono sommelier. Non so giudicare i vini. Perdipiú non amo i rosé. Ma, pur da non addetta ai lavori, sottoscrivo in pieno. Piacere puro. Solo, timidamente, ho condiviso il parere di chi ha detto che questo Dom il meglio lo darà tra qualche anno. Se si può fare un appunto ai francesi volati a Venezia per presentare il nuovo gioiello enologico é che hanno privato i presenti della essenza migliore del Dom: il racconto eccentrico, sofisticato e audace del creatore, quel Richard Geoffrey la cui personalità é inscindibile dallo champagne dell’albate di Epernay.

Perfetta, invece, l’ambientazione. Il Gritti Palace, riportato allo splendore grazie a una rispettosa ristrutturazione durata 15 mesi, era il luogo più adatto per una degustazione fuori dalle righe. Che sia il bar con i quadri autentici del Longhi o la suite più bella, quella dedicata a Hemingway, dove lo scrittore sorseggiava whiskey godendosi il tramonto sul Canal Grande. Di sicuro avrebbe apprezzato questo mirabolante Dom.

 

  • tontoperonotanto |

    Sarà anche épatant ed astonishing, ma non per molti..E non intendo i sommeliers che pur essendo dei lavoratori atipici “palatini” (di palato), sono comunque dei dipendenti..

  • vermeer |

    Wine & Venice..Wines at Venice..
    Astonishing, indeed!

  • carl |

    Mah…? Epaté..?

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