Tutto è cominciato con il vino. Gorgona è poco più che un grande scoglio nell’arcipelago toscano. Dal 1869 ospita una colonia penale, all’inizio succursale di quella di Pianosa. Sull’isola vivono una cinquantina di detenuti (perlopiù ergastolani arrivati quasi al termine della pena), una trentina di guardie carcerarie e un’unica abitante, un’arzilla ottantenne tornata dopo una lunga permanenza a Firenze. Qualche tempo fa un detenuto siciliano, con qualche conoscenza agricola, ha chiesto e ottenuto di recuperare una vigna ormai abbandonata non lontano dal carcere. Ne mette a posto un ettaro, sfronda i vitigni e lascia solo vermentino e ansolica. Ma quando arriva la prima vera vendemmia ci si rende conto che non si sa da che parte cominciare. L’unico aiutante è un compagno musulmano, che certo ha poca dimestichezza con l’alcol.
Ma la direttrice del carcere non è una persona qualunque. È Maria Grazia Giampiccolo, che dirige anche il carcere di Volterra e lì ha introdotto le famose “cene galeotte”. Di certo non si perde d’animo. Manda in giro un po’ di mail a case vinicole chiedendo aiuto. Risponde solo Lamberto Frescobaldi, che si innamora dell’idea e lancia il progetto Frescobaldi per Gorgona. Da cui deriva dopo la vendemmia 2012 la produzionei di 2.700 bottiglie (più 150 magnum) con una innovativa etichetta: disegnata da Simonetta Doni, è un “giornale dell’isola”. Replicata in un foglio che avvolge le bottiglie e le sigilla con ceralacca.
Oggi il progetto Gorgona fa un ulteriore passo e trova nuovi compagni di strada. Da qualche mese sull’isola arriva con regolarità Alberto Marcomini. Non è un casaro, ma un grande esperto di formaggi, che decide, per amicizia verso Lamberto e senso di sfida, di “mettere le mani in pasta”. E quindi nascono i formaggi di Gorgona, finora 200 forme, che via via troveranno la loro fisionomia definitiva (anche se sono già molto buoni).
A questo punto mancava il tocco di uno chef, che riuscisse a coagulare e tenere insieme questi scampoli di ritrovata dignità per le persone che ogni giorno escono dal piccolo carcere per lavorare la vigna o il latte. E a Firenze chi meglio di Annie Feolde e Giorgio Pinchiorri? Annie ha creato una ricetta con i profumi e i sapori dell’isola che entrerà in carta in Enoteca.
Quel che emerge, al di là di tutto, è il grande coinvolgimento emotivo nel progetto. Sia Frescobaldi che Marcomini ormai hanno un rapporto personale con i 18 detenuti coinvolti, tra loro anche un killer di una certa notorietà, e in loro vedono solo persone che hanno imparato a dar valore alla vita e stanno trovando una consapevole forma di riscatto.