Se la street food mania è standardizzata

La street food mania è ormai certificata. Coldiretti questa mattina ha fornito qualche numero: “Crescita record del 13% rispetto allo scorso anno della ristorazione ambulante in Italia con ben 2.271 imprese impegnate nel 2016 nella preparazione di cibo per il consumo immediato presso banchi del mercato o con furgoni attrezzati”.
Food truck sul podio in Lombardia che ha visto nascere più iniziative: oggi con 288 realtà e un incremento annuo del 26% è la regione italiana dove la ristorazione su strada è più presente, ma è seguita a ruota dalla Puglia (271) e dal Lazio (237). Numeri in crescita anche in Sicilia (201), Campania (189), Piemonte (187), Veneto (161) e Toscana (142), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Unioncamere relativi al marzo 2016.

Tutto oro quel che luccica? Non sembrerebbe. L’offerta è spesso standardizzata, con una prevalenza di cibi etnici o fusion. “Il problema – sottolinea la Coldiretti – è che i cibi più rappresentativi dell’identità alimentare nazionale spariscono dopo secoli dai centri storici dove si perde un patrimonio culturale e turistico oltre che economico ed occupazionale. Dal kebab al sushi, dalla frutta esotica a quella fuori stagione, ma anche le caldarroste congelate durante tutto l’anno si trovano ovunque mentre per il baccalà fritto da passeggio a Roma, l’intruglio della Versilia o il panino e milza a Palermo i turisti sono costretti a cercare su internet o nelle guide”.