Sono stati pensati per il mondo anglosassone. Va bene. Ma possibile che la Francia abbia 17 Master of Wine e che persino l’Egitto – senza nulla togliere alle conoscenze enologiche degli egiziani – ne abbia uno e l’Italia zero?
Si dirà. Il percorso di studio è lungo, accidentato e molto costoso. È una qualifica che ha grande valore soprattutto come si è detto nell’universo enologico a influenza anglosassone. Ma pure gli orgogliosissimi francesi hanno capito che in un mercato globale bisogna giocare con le carte che vengono messe sul tavolo. Perché la sfera allargata con interessi nel vino – produttori, distributori, ristoratori, associazioni, filiera in generale – non prova a individuare un drappello di eligibili e li sostiene nel percorso? Ad oggi ci sono alcuni privati che si sono messi in gioco, ma nessuno – a quanto mi risulta – giunto alla fase finale.
Mi piacerebbe anche sentire voci fuori dal coro. Forse io mi sbaglio e diventare Master of Wine non è poi così allettante e non lo è per il Paese avere dei rappresentanti in questa categoria.
By the way la Spagna ha sei MW, la Grecia due, la Germania otto, l’Austria tre così come l’Olanda. La Gran Bretagna… ho perso il conto.
In ogni caso oggi hanno annunciato 6 new entries. Eccoli:
- Edouard Baijot MW (France)
- Nicholas Jackson MW (USA)
- Brendan Jansen MW (Australia)
- Jonas Röjerman MW (Sweden)
- Harriet Tindal MW (Ireland)
- Jonas Tofterup MW (Spain)