Tian, a Vienna un vegetariano sofisticato (e molto molto di più)

“All’inizio non è stato facile. La gente non capiva. E anch’io in fondo! Quando ho accettato l’offerta di diventare chef di questo nuovo ristorante vegetariano mi sono detto che non c’era problema, io cucinavo benissimo il pesce…”. Paul Ivić la butta sul ridere ma racconta una sconsolata verità. Tredici anni fa, quanto è entrato al Tian a Vienna, in Austria praticamente nessuno voleva sedersi al ristorante per mangiare verdura, tuberi e legumi. “Anche i giornalisti, se andava bene ci snobbavano, in alternativa fioccavano stroncature”. Sembra quasi impossibile credergli, oggi che Tian è un ristorante stellato, di cucina sofisticata, con liste d’attesa per le prenotazioni.  

È stata una galoppata esaltante, racconta il cuoco tirolese di origini croate. La scelta di Tian per lui era stata prima di tutto una pulsione esistenziale. “Quando ho visto l’annuncio del ristorante viennese che cercava un cuoco ho capito che era la cosa da fare, dopo anni a gestire cucine di fine dining ero totalmente esaurito, avevo necessità di un nuovo inizio”. L’intuizione di Christian Halper, il fondatore del locale, anticipava i tempi: guardava a un nuovo concetto di cucina, rispettoso dell’ambiente, dei fornitori, delle materie prime e del personale. Ivić lo ha metodicamente messo in pratica ed oggi può guardare con orgoglio al percorso compiuto.

“Quando abbiamo aperto nel 2011 – ricorda – solo il 3% degli austriaci era vegetariano, perlopiù donne. I mariti le accompagnavano a tavola come se andassero al martirio. Poi però riuscivamo a farli uscire contenti”. La svolta, inevitabilmente, è arrivata con la stella – è stato il primo stellato vegetariano europeo – e gli altri riconoscimenti. Si è evoluta anche la proposta gastronomica.

Ivić e il suo team hanno un rapporto molto stretto con i fornitori, che sono in larga parte agricoltori dell’area viennese. “Abbiamo anche campi nostri in cui chiediamo di seminare le varietà più diverse – dice lo chef – spesso sono semi che porto io dall’estero”: la biodiversità è un mantra di Tian. Ci sono poi le forager, loro si autodefiniscono “herbs witches” (le streghe delle erbe) che perlustrano i boschi intorno alla capitale austriaca e riescono sempre a scovare qualcosa di inedito. Tutti questi ingredienti passano poi per il lab del ristorante dove vengono studiati, sperimentati, trasformati e confluiscono anche nell’eccellente proposta di abbinamenti non alcolici al menu degustazione.

I menù sono necessariamente molto stagionali, cambiano ogni tre mesi, ma ogni due-tre settimane viene tolto qualcosa e inserita una nuova portata perché, come in Giappone, si usano gli ingredienti solo al culmine della loro espressività. E si usa tutto, “dalle radici alla foglia” in una indefettibile dedizione alla filosofia no waste. “Non possiamo garantire di farlo al 100% per tutti gli ingredienti, ma è quello a cui tendiamo, e ci avviciniamo molto all’obiettivo. Ad esempio, nella portata Chanterelle, piselli e limone la sfera posta sul piatto è realizzata con un succo derivato dai baccelli dei piselli, mentre le bucce vengono essiccate per 24 ore per poi ricavarne farina e couscous”.

Sin da subito Paul aveva deciso di non percorrere scorciatoie. “Non ho mai cercato di imitare il gusto della carne – spiega – io volevo portare nel piatto il gusto della natura”. Per questo era indispensabile “assumersi la responsabilità” delle risorse e avere cura di chi collabora con il ristorante per procurarle. Così sono nati legami stretti con i fornitori, sia i tanti produttori di vini naturali (la scelta principe nei pairing) che con gli agricoltori.

Che sia il pluripremiato vignaiolo Claus Preisinger, il produttore di fichi Bio Feigenhof, Robert Brodnjak che alla fattoria Krautwerk riporta alla luce varietà antiche di vegetali o Johannes Wiesmayer, il re dei topinanbur. Su tutti Erich Stekovics che ha realizzato un’arca di Noe dei pomodori, coltivandone più di 3mila varietà scovate ai quattro angoli del globo, e colleziona peperoncini, compreso l’ultimo peperone degli Inca, il Charapita. I pomodori hanno colori e gusti quasi infiniti, alcune varietà antiche sanno addirittura di kiwi: ogni anno cambiano campo di coltivazione e non sono mai irrigati, ma crescono liberi sotto una coltre di paglia che tiene umide le radici.

Sono queste persone ad ispirare Ivić che non considera la cucina vegetariana un trend, bensì “una necessità”. Salvo poi confessare che lui vegetariano non è, o meglio lo è solo all’80%, qualche bistecca e del buon pesce ogni tanto se li gusta con piacere. Come dargli torto?

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Una cena da Tian è un viaggio appassionato e delicato in un caleidoscopio di sapori che non perdono mai la propria precisa individualità. Qui il menù servito nel mese di ottobre. Il mio piatto preferito: Porcini, Mora e Girasole.