Duecento anni non sono pochi. Ma le radici affondano molto più profonde. Sono almeno cinque i secoli di storia che avvolgono il nome Salaparuta. Le origini sono pisane, un tal Filippone che scende in Sicilia e darà avvio al casato. Principi di Villafranca e duchi di Salaparuta. Il racconto del professor Rosario Lentini è ipnotico. Sembra quasi di vederli, questi nobili siciliani, che noi del Nord riusciamo a immaginarci solo nella versione gattopardesca di Luchino Visconti, capace di trasformare in regale decadenza l’irruente fisicità di un cowboy come Burt Lancaster.
Lentini ripercorre la storia e i personaggi che evoca prendono vita tra le mura di palazzo Alliata di Villafranca, nel cuore di Palermo, a pochi passi dai Quattro Canti.
Parla di Giuseppe Alliata, l’artefice dell’avventura enologica di famiglia. Il duca di Salaparuta nel 1824 decide di vinificare nella propria residenza estiva, Villa Valguarnera, le uve provenienti dai possedimenti di Casteldaccia. Ne usciranno vini eleganti e innovativi per l’epoca, che solo in un primo momento verranno condivisi nel corso di pranzi ufficiali e cerimonie della famiglia. Poi il duca deciderà di farne impresa, chiamando in Sicilia un accreditato enologo francese e nel 1878 il vino Corvo verrà presentato all’Esposizione internazionale di Parigi. Il sogno – ambizioso – del duca successivo, Edoardo, è di produrre vini che possano stare alla pari delle etichette di Bordeaux.
La storia e le ambizioni proseguiranno con Enrico Alliata, enologo, cantante, teosofo, autore ante-litteram di un libro di cucina vegetariana. L’ultima Alliata a legare il proprio nome ai vini dell’azienda sarà la figlia Topazia. Bellissima, talentuosa, pittrice dotata (incanterà anche Renato Gottuso) la sposa di Fosco Maraini e madre della scrittrice Dacia dirigerà l’azienda fino agli albori degli anni Sessanta, quando i possedimenti passeranno alla Regione.
L’occasione dell’accurato racconto di Lentini era la presentazione dei progetti ideati per i duplice centenario del marchio. Il gruppo che riunisce Cantine Florio, Duca di Salaparuta e Corvo è da più di vent’anni di proprietà di Illva di Saronno che ha rilanciato le etichette dopo decenni di sonnacchiosa ordinarietà nella gestione pubblica.
Il passato orgoglioso di Duca di Salaparuta, tra Bagheria, Aspra, Mongerbino e Casteldaccia, un modello virtuoso di impresa, di certo merita questo impegno.
Il cuore pulsante del progetto è Bagheria, di cui si vuole recuperare e valorizzare il legame con la casa vinicola attraverso la pittura di Renato Guttuso, la fotografia di Mimmo Pintacuda, l’arte del carretto di Emilio Murdolo. Al loro lavoro si è ispirato il restyling delle etichette che celebrano il traguardo di questi 200 anni.
Ma oltre alle nuove etichette riservate ai vini più rappresentativi, si prevede la realizzazione di un corto-documentario dedicato a questi artisti, dando la parola a giovani di talento e avviando iniziative collaterali aperte a sinergie con il territorio e linguaggi trasversali tra pittura, cultura ed enogastronomia. In un concetto tutto italiano di terroir: più ampio, sociale, patrimonio di cultura, storia e persone.
“Celebriamo 200 vendemmie di un’impresa che ha segnato il destino enologico della Sicilia – dichiara il direttore Roberto Magnisi -. Abbiamo deciso di abbattere i confini delle nostre Cantine per abbracciare una terra dalla forte identità comunicativa. Le bottiglie diventano vettori di arte, attraverso l’espressione di Renato Guttuso con il suo Paesaggio dell’Aspra, ma anche alcuni scatti fotografici di Mimmo Pintacuda. Per le due icone di Duca di Salaparuta, Bianca di Valguarnera e Duca Enrico, questi 200 anni diventano una cifra in oro con la firma in rosso lacca, per esaltarne la preziosità e il prestigio, espressione di quel desiderio di sfida che caratterizza Duca di Salaparuta sin dagli albori”.
Le pennellate e i colori di Paesaggio dell’Aspra, opera realizzata nel 1959 da Renato Guttuso, rivivono nella linea Autentici di Sicilia. Le Tenute si distingue invece con l’inconfondibile bianco e nero delle fotografie di Mimmo Pintacuda. Mentre l’immagine del luogo in cui tutto ebbe inizio, Villa Valguarnera, raffigurata in uno dei carretti siciliani di Emilio Murdolo, caratterizza un nuovo progetto enoico che nasce dall’amore per il Nero d’Avola e da un nome caro all’azienda, Triskelè.