C’è voluto un cuoco veronese per brevettare la cotoletta alla milanese. L’iniziativa – alquanto audace – è di un grande della cucina italiana, Giancarlo Perbellini, che ha ideato una ricetta per attualizzare il tradizionale piatto meneghino. Si tratta della Milanese cotta e cruda, una sfida culinaria d’ispirazione contemporanea.
“Con l’apertura di Locanda Perbellini, il mio bistrot milanese, mi sono ritrovato spesso a pensare ai piatti della tradizione lombarda e a come rivisitarli in chiave contemporanea. – ha spiegato Perbellini -. Memore delle numerose versioni della milanese e in particolare di quella di Gualtiero Marchesi, che è stata per me di grande stimolo, ho voluto dar vita a una rielaborazione personalissima di questo piatto-simbolo della città di Milano, che proporrò in tutti i miei bistrot come fuori menu. A introdurlo sui tavoli delle mie Locande ci penserà un libretto che racconta storia e segreti della creazione”.
Da un lato il cotto, dall’altro il crudo, simboliche rappresentazioni di passato e presente, si legge nel comunicato che annuncia il brevetto. “Per realizzarla mi sono concentrato sui contrappunti, a partire dalla combinazione di elementi opposti e complementari per far vivere al palato una doppia sensazione, gustosissima, netta ed equilibrata – continua lo chef -. Il morbido crudo con la sua freschezza rende ancora più sublime la parte cotta, porosa e croccante, in un connubio che esalta il sapore deciso e la distintiva leggerezza conferita dalla speciale panatura”.
Una soluzione che il cuoco bistellato ha scelto di tutelare con un brevetto e con un design comunitario “per il grado di innovazione racchiuso nella ricetta e in particolare nella tecnica di cottura che mette insieme due forti contrasti, il cotto e il crudo”.
“La Milanese cotta e cruda, così come l’ho pensata, coniuga insieme sapori, consistenze e apporti nutritivi – conclude Perbellini -. Il tutto attraverso due tecniche di cottura ben distinte. Ho deciso di depositare il processo di preparazione con grande dovizia di dettagli, e nel contempo il design, ovvero lo stile d’impiattamento”.
Il primo brevetto di cui si ha memoria risale al VII secolo a.C. e riguarda una ricetta depositata a Sibari (Cosenza) che riconosceva agli chef un’esclusiva di un anno. Il secondo caso è quello della Repubblica di Venezia che nel 1474 istituisce la prima legge brevettuale in Italia. E per finire a Verona, dove nel 1894 Domenico Melegatti brevetta l’intero processo di produzione del suo pandoro.
La ricetta diventerà di dominio pubblico solo tra vent’anni, allo scadere del brevetto.