“In Cina abbiamo un detto. Quando arriva un vento forte c’è chi costruisce muri per tentare di proteggersi e chi costruisce mulini a vento”.
Claudio Liu costruisce mulini a vento. Trentotto anni, cinese cresciuto in Italia e milanese d’adozione, sulla ristorazione ha il tocco magico. Con Iyo è riuscito per primo ad agguantare la stella Michelin proponendo una cucina etnica. Oddio, etnica è una definizione riduttiva. Iyo è un ristorante di alta cucina giapponese aperta ad influenze internazionali. Un successo incessante da anni, anche adesso, in questa strana congiuntura post-pandemica, non risente di paure e insicurezze da parte dei clienti affezionati (“ogni sera abbiamo più richieste che coperti e siamo costretti a rimbalzare clienti”).
Liu i suoi clienti li ha accompagnati durante tutta la quarantena grazie ai sontuosi delivery di Aji, un locale destinato alle consegne a domicilio che vengono effettuate rigorosamente dai dipendenti del gruppo, in giro per la città con motorini elettrici. Per chi accede al servizio un’esperienza gastronomica che nulla a che fare con i sushi delivery proliferati nell’ultimo decennio. Siamo lontani anni luce. Aji è “una cucina orientale take-away con uno sguardo sul mondo”. La cura nella scelta delle materie prime (qui è il caso di utilizzare un termine abusato, di eccellenza) è di per sé un manifesto: solo pescato proveniente da allevamenti biologici, . La mise en place nei contenitori eco-compatibili è quella precisa ed elegante che trovi al ristorante.
Ma oggi Claudio rilancia con una nuova sfida. A novembre aveva aperto Iyo Aalto, nella zona più eco-sofisticata della città, a una manciata di passi dal Bosco verticale. Un progetto che nasceva a doppia anima: banco sushi e cucina internazionale ai tavoli. Neanche il tempo di assestarsi e il Covid imponeva di chiudere i battenti. La riapertura è di poche settimane fa. Con qualche bella sorpresa. Innanzi tutto un cambio di nome. Da Iyo Aalto a Aalto Part of Iyo. Un nuovo concetto, ben rappresentato dal logo in cui si intersecano e si incontrano otto segmenti, a formare un cerchio che non trova mai chiusura.
“La cucina di Aalto Part of Iyo è libera da ogni definizione o tentativo di incasellamento – spiega Liu -. È libera di essere italiana, giapponese, entrambe le cose o nessuna delle due. Non tracciare confini esprime la possibilità di superarli”.
E nasce dall’incontro felice (“un’intesa perfetta, immediata”) di Claudio con lo chef Takeshi Iwai, un giapponese che vive e lavora nel nostro paese da 13 anni e già alla Cascina Guzzafame aveva dato ottima prova, convincendo del proprio talento critici e gourmet.
È come se qui a Porta Nuova avesse ulteriori opportunità di espressione e il risultato è un viaggio di gusti, suggestioni, azzardi ben calibrati.
Un gioco di stili e tecniche che parte dal Giappone delle origini (fermentazioni, cottura alla carbonella o sumibiyaki) e si intreccia e confonde con la tradizione della cucina italiana.
“La mia cucina non è fusion, ma gioca tra culture diverse”, dice Takeshi.
Che propone due menù degustazione (cinque e otto portate) e una carta intrigante. Difficile dimenticare l’anguilla, con tataki di manzo e liquirizia, i cannolicchi con asparagi bianchi e camomilla e gli straordinari scampi e semi. Well done Claudio. Ancora una volta hai fatto centro.