Un caffè con scorzetta di limone, una colatura di alici “millesimata” e un angolo di paradiso sopra Amalfi

Giulio, paziente, sorride. Sarà la centesima (o millesima?) volta che fa la dimostrazione, ma non sembra annoiato. Tutt’altro. Quando racconti ciò che è al centro della tua vita, che ti riempie i giorni e su cui concentri tanta passione, non puoi esserlo. E i giorni di Giulio Giordano da decenni vengono comandati dalle alici.

img_1600Benvenuti a Cetara, la patria della Colatura (benedetto Slow Food che ha strappato l’antica pratica all’oblio). Siamo nel Museo cittadino dedicato a questa antica attività, di cui si sta cercando di ottenere il sigillo Unesco, proprio come è avvenuto qualche anno fa con la viticoltura eroica di Pantelleria. Giulio, parlata sciolta e festose scivolate nel dialetto, sta “scapezzando”. È la primissima fase della colatura. Le alici fresche vengono decapitate ed eviscerate con un colpo secco, sono poi sistemate nel “terzigno”, un contenitore di legno pari a un terzo di botte, a strati alterni con il sale. Sull’ultimo strato viene appoggiato un coperchio di legno sul quale è posata una pietra marina.

Si lasciano maturare le alici per 12-18 mesi, quando un liquido affiora in superficie grazie alla pressione esercitata dalla pietra. Qui c’è un terzigno già pronto: Giulio afferra il “vriale” e pratica un foro sotto la botticella da cui comincia ad uscire goccia dopo goccia un liquido ambrato. Ecco la vera colatura di Cetara. In questo caso vintage, perché le alici a marchio Nettuno hanno riposato addirittura quattro anni.

Lo assaggeremo, questo saporito millesimato, su un bel piatto di spaghetti cucinato da Mimmo Di Raffaele a bordo di un grande peschereccio, appena tornato dalla stagione di pesca del tonno rosso. Anche qui una produzione locale di colatura, voluta dalla nuova generazione per diversificare il business di famiglia. La linea si chiama Armatore ed è già sugli scaffali delle gastronomie top, da Peck in giù.

Un’esperienza, quella di oggi, piuttosto unica ma non isolata. Fa parte di un pacchetto variegato di proposte per gli ospiti del Belmond Caruso di Ravello, l’albergo più iconico della Costiera amalfitana. La piscina a sfioro e la vista mozzafiato dalle bifore del bar sono le immagini più instagrammate della zona. E non a caso.

In questo momento di ripartenza dopo le chiusure forzate causa Covid si è deciso di enfatizzare l’identità mediterranea dell’hotel, che negli anni era stato quasi monopolizzato dalla clientela americana. E non a caso.

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Questo palazzo dell’XI secolo, posto nel punto più alto di Ravello, su una scogliera a 300 metri sul mare, è un piccolo paradiso. Che si decida di sgambettare in piscina riempiendosi gli occhi di blu o di passeggiare negli impeccabili giardini, ci si immerge in un luogo esclusivo. Nel senso migliore e più vero del termine: armonia, privacy, eleganza e bellezza.

In questo momento di ripartenza dopo le chiusure forzate causa Covid si è deciso di enfatizzare l’identità mediterranea dell’hotel, che negli anni era stato quasi monopolizzato dalla clientela americana.

Massima quindi l’attenzione all’offerta gastronomica, interpretata con generosità dal resident chef Di Raffaele. Campano di Caserta, Di Raffaele rilegge con spumeggiante vivacità le ricette tradizionali del territorio, alleggerendole il giusto. Intrigante e fascinoso, lo chef table con vista, immerso nei giardini terrazzati, è ideale per cene di famiglia, compleanni e promesse di sempiterna vita comune.

car_sett20_restaurant_02Per chi volesse cimentarsi ai fornelli uno sguardo alle ricette di Pazziam ‘ja, il volume in cui l’estroverso chef del Caruso illustra la sua visione di cucina. Magari meglio fare prima un salto all’“Angolo di Mamma Maria”, una postazione dedicata dove Di Raffaele insegna agli ospiti i segreti di gnocchi, scialatielli e fettuccine secondo la tradizione dei pranzi domenicali delle nonne.

Le ”esperienze” organizzate per gli ospiti spaziano dalle visite a tesori archeologici solitamente non accessibili al pubblico (le Terme Suburbane di Ercolano; le più recenti scoperte a Pompei, dalla Domus del Frutteto e il Termopolio, ancora decorati con i loro affreschi originali perfettamente conservati, al Carro processionale di Civita Giuliana; il Teatro di Ercolano, sepolto nel 79 d.C dall’eruzione del Vesuvio). Oppure un viaggio tra i misteri di Napoli, dalla Biblioteca dei Girolamini, alle Catacombe di San Gaudioso e il Pio Monte della Misericordia.

j0912_bcar_025_topA fine luglio i giardini del Caruso ospiteranno “A tu per tu” with the Local Producers, un mercatino speciale in cui saranno presenti alcune produzioni locali tipiche (e autentiche): dalla mozzarella, alla colatura di alici, a vini autoctoni, allo sfusato amalfitano. Lo stesso utilizzato per il vero espresso amalfitano. Un buon caffè con la scorzetta di limone.