Sono stati i primi a imporsi. Con coraggio e determinazione. Poi il resto è venuto a valanga, tanto che oggi la cucina latinoamericana è protagonista di diritto sul palcoscenico mondiale dell’alta gastronomia. Central, il ristorante di Virgilio Martinez a Lima, nel giugno scorso è salito sul podio dei World’s 50 Best Restaurants anche, se non soprattutto, grazie all’intenso lavoro di riscoperta e tutela compiuto con i campesinos andini. Sempre più cuochi, dal Cile alla Colombia, introducono nei loro piatti ingredienti locali – a volte al limite dell’estinzione – e persino blasonati bartender vanno a caccia di erbe e distillati della cultura popolare. Ma tutto questo movimento affonda le sue radici e trae vigore dalla travolgente ”onda” brasiliana di qualche decennio fa.
Un percorso avviato a San Paolo, città gastronomica per eccellenza, melting pot di usi e tradizioni che incrociano le zuppe giapponesi con la pasta della memoria degli immigrati italiani. Qui per la prima volta si è sviluppata una filosofia culinaria che traeva forza e consapevolezza dalle origini più profonde, orgogliosa delle tradizioni indigene e capace di leggere materie prime e ingredienti con la modernità delle tecniche più sofisticate.
Se c’è un uomo a cui la cucina latinoamericana deve molto questo è sicuramente Alex Atala, capace con la sua proprompente energia di mettere al centro del dibattito gastronomico la ricerca, la difesa e la valorizzazione delle radici. È stato il primo a portare a tavola frutta, verdure e tuberi amazzonici. A incorporarli in piatti da cucina stellata dando vita a un movimento esplosivo. In questo ha avuto il sostegno di tanti: colleghi, attivisti, giornalisti. Sicuramente anche quello dei fondatori della rivista Prazeres da Mesa, che hanno esaltato negli anni il lavoro delle piccole imprese agricole, sostenuto cooperative, promosso i prodotti “sani, puliti e giusti” della filosofia di Slow Food. Non a caso Carlin Petrini è loro grande amico. Hanno portato in giro per il Brasile il dibattito su queste tematiche e organizzato manifestazioni in cui accanto alle parole, con i racconti di tanti protagonisti di questa rinascita, si mostrava il frutto concreto del loro lavoro.
Il principale di questi eventi è sicuramente Mesa São Paulo che per tre giorni riunisce chef brasiliani e internazionali, ricercatori, rappresentanti delle culture indigene e afro-brasiliane, produttori artigianali, studenti e amanti del cibo. Il tema dell’ultima edizione che si è tenuta nello scorso ottobre era “Mesa (Disruptiva) SP – Rompere i paradigmi, invadere gli spazi e ricreare concetti per e attraverso la gastronomia”. Socia di Prazeres da Mesa e del Núcleo Mundo Mesa che organizza l’evento, Mariella Lazaretti ha spiegato che l’obiettivo era avviare una sorta di brain storming per capire cosa sarà veramente dirompente, in un mondo di cambiamenti così rapidi. “Nello stesso momento in cui viviamo la disruption dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie, abbiamo a che fare con un atto molto fisico, che è la cucina. Quale miscela uscirà da questo calderone? – si è chiesta -. Nessuno sa cosa succederà. Alcune idee avranno successo, altre no. Per farcela, dobbiamo pensare e lavorare fuori dagli schemi. Dobbiamo usare questi progressi tecnologici per buone cause, come salvare il cibo vero, rispettare i produttori, valorizzare il lavoro sul campo e stimolare la creatività e le emozioni per agire e pensare in modo diverso”.
A discutere di questo nell’ambito del congresso internazionale Mesa Tendências sono stati chiamati molti ospiti tra cui lo chef catalano Albert Adrià e la chef uruguaiana Maria Elena Marfetán. Tra i cuochi locali chiamati a portare la propria testimonianza: Janaína Torres Rueda e Jefferson Rueda, di A Casa do Porco, il 12° migliore al mondo secondo la classifica 50 Best (nel 2023 Janaína è stata eletta miglior chef donna dell’America Latina e il ristorante ha agguantato ieri il quarto posto nella lista 50Best Latam), Manu Buffara, di Manu a Curitiba, André Mifano, di Donna, Helena Rizzo e Willem Vandeven, di Maní, Rodrigo Freire, di Preto, e lo chef francese Claude Troisgros, che ha appena aperto un ristorante a Rio de Janeiro.
Oltre al congresso era organizzata la Mesa Ao Vivo, con lezioni dal vivo di chef ed esperti provenienti da tutto il Paese, mentre per il pubblico era aperto il festival Farofa do Brasil, con stand gastronomici, produttori di piccolo artigianato e spettacoli di musica dal vivo. Quest’anno era prevista anche una sessione speciale del programma Sabor de SP, che mappa i principali itinerari turistici e gastronomici dello Stato per valorizzare e incoraggiare la filiera dei produttori alimentari e il commercio locale nella regione e della costa di San Paolo,
Immancabili le cene a più mani nei principali ristoranti della città: una giostra di piatti che ben illustrano la strada percorsa e la consapevolezza dell’impegno comune.