Crisi dei ristoranti? Non per tutti

Nel 2011 9mila ristoranti italiani hanno chiuso i battenti. Colpa della crisi certo. Ma il dato, indubbiamente preoccupante, invita a qualche riflessione. Perché chi lavora con qualità e costanza, ancora oggi, riempie il locale e fa quadrare i conti.
Materie prime di livello, rigore, nessuna scorciatoia furba. Questo vale a tutti i livelli. Nei giorni scorsi ne ho avuto due felici esempi, entrambi nella patria di Giulietta. Nel primo caso si tratta delle pizze (ma chiamarle così è sinceramente riduttivo) di Renato Bosco a San Martino Buon Albergo, paesone senza pretese turistiche a pochi chilometri da Verona. Dimenticatevi la solita pizza. Qui si torna a assaporare il gusto del pane, gli impasti sono di volta in volta croccanti o vaporosi, grazie a lunghe lievitazioni con pasta madre e farine di pregio come la Petra del Molino Quaglia. Accompagnate da materie prime spesso provenienti dai presidi Slow Food. Se Renato Bosco decidesse di replicare il suo Saporè a Roma o Milano farebbe il pieno ogni sera ma non sembra averne intenzione e questa, anche se molti storceranno il naso, a me pare grande saggezza.
Pochi chilometri più in là, in pieno centro a Verona, rivive invece un edificio storico, Palazzo Victoria, uscito splendente dalla ristrutturazione voluta dalla nuova proprietà (la stessa del Salviatino a Firenze), e guidato con gusto dall’impeccabile Giusy Loro.
Qui la tavola è sofisticata, affidata alle cure di Carmine Calò (executive chef anche al Salviatino) che porta profumi e sapori del Sud a colorare una cucina rispettosa del territorio. Con ambizioni che lo allontanano dalla solita (seppur di livello) cucina da hotel. E difatti il ristorante si apre alla città, per diventare un punto di riferimento gastronomico anche fuori le mura. Si prevedono lunghe liste d’attesa durante il Vinitaly.

Crisi dei ristoranti? Non per tutti

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