Secondo i dati diffusi oggi dall'Istat due famiglie italiane su tre hanno ridotto i consumi alimentari: si compra di meno per mangiare e, purtroppo, aumenta la quota di chi abbassa anche la qualità degli alimenti acquistati. Una conferma statistica a quanto chiunque constata di persona andando al supermercato.
Questo mentre, imperturbabile, procede lo spadellamento catodico compulsivo. A tutte le ore del giorno, in quasi ogni canale televisivo, si cucina, si propongono ricette più o meno plausibili, si alimentano funesti reality che nulla hanno a che fare, in realtà, con l'alimentazione. D'accordo, è una moda, lo share continua ad essere premiante, ma non si era detto che la tv aveva voltato pagina?
E quanto fa bene questa sovraesposizione cuciniera al mondo (produttivo, quindi imprese e lavoro vero) che gira intorno al cibo? Io temo lo scoppio della bolla, quando saremo talmente nauseati da tutte queste salse, arie, vellutate e cotture a bassa temperatura che finiremo per non voler più sentire parlare di fornelli. Eppure quanto sarebbe importante insegnare a scuola i canoni di una sana alimentazione, di una produzione agricola sostenibile, di un corretto ciclo produttivo e di distribuzione?
Una nota a mio avviso positiva emerge da un'indagine realizzata da Doxa per i sessant'anni dell'Accademia italiana della cucina e diffusa oggi, secondo la quale quasi 8 italiani su 10 (il 71%) imparano a cucinare "seguendo alla lettera i consigli di mamme e nonne". Anche se 7 italiani su 10 (avete letto bene) seguono alla tv trasmissioni dedicate al cibo, solo il 18% dei telespettatori prende spunto da questi programmi per sperimentare le ricette a casa. Ciò avvalora la tesi che in tv il cibo sia solo un pretesto, in realtà si fa intrattenimento.
Diverso è l'universo internet. Un quarto degli under 30, secondo la ricerca Doxa, impara a cucinare dal web, dove cercano ricette o seguono blog.